Il governo l'ha esclusa definitivamente dalla ricostruzione del Morandi e vuole revocarle l'intera concessione. Eppure, Autostrade tira dritto. Sfida Palazzo Chigi presentando un progetto «clandestino» per la realizzazione del viadotto di Genova che dovrà sorgere sulle ceneri di quello crollato. Clandestino, perché l'esecutivo ha tagliato fuori per decreto la concessionaria dalla partita per la costruzione della nuova opera, relegando la società al ruolo di mera finanziatrice. E dunque non potrebbe neanche venire preso in considerazione dal commissario.
«Autostrade deve pagare, ma non ricostruirà» è stato il mantra del governo ripetuto da Luigi Di Maio. Infatti il decreto Genova, ora al vaglio della Camera, verrà con ogni probabilità modificato nella parte che vietava anche ad altri concessionari o società loro collegate di partecipare ai lavori, visto che sarebbero rimaste fuori quasi tutte le grandi imprese di costruzione italiane. Ma non verrà cambiato il diktat su Autostrade. La concessionaria che fa capo ai Benetton però non ha intenzione di arrendersi. Vuole ricostruire. Le spetta, sostiene, per legge, in base alle norme scritte nella convenzione con lo Stato. Ecco perché ha presentato al sindaco di Genova e commissario straordinario Marco Bucci, il piano di demolizione e di ricostruzione, «sviluppato in funzione degli obblighi in capo ad Autostrade in seguito al collasso della pila 9 del ponte le cui cause sono ancora in corso di accertamento». Bucci ieri mattina ha risposto con un «no comment, non l'ho ancora visto», a chi gli chiedeva conto della documentazione. Un piano in realtà era già stato consegnato da Aspi al governatore ligure Giovanni Toti il 20 settembre scorso.
Le due soluzioni offerte ricalcherebbero quelle già anticipate: la prima, un viadotto firmato dalla società, come annunciato all'indomani del crollo del Morandi, che sarebbe pronto in un tempo che va dai 9 ai 13 mesi, a seconda delle operazioni di demolizione dei monconi. Verrebbero salvati 3 su 14 palazzi di via Porro da abbattere. La seconda alternativa è realizzare il progetto di Renzo Piano in consorzio con Fincantieri. In ogni caso per la società la propria presenza è soluzione «doverosa e legittima» e «la più efficace».
Non per il governo, con cui il braccio di ferro è serrato. L'esecutivo ha presentato l'emendamento, da approvare da lunedì, che impone ad Aspi di consegnare «immediatamente al commissario le relative tratte delle autostrade A7 e A10». Di fatto verrebbero revocate da subito per la ricostruzione. Sarebbe il preludio della guerra legale che continuerà in tribunale tra concedente e concessionaria.
Cade, invece, il divieto ad altre imprese controllate o con partecipazioni in società che gestiscono strade a pedaggio, di accedere alla ricostruzione.
L'ennesima giravolta del governo, dopo il monito arrivato dall'Antitrust, sta in un nuovo emendamento che prevede che «il commissario straordinario affidi la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle propedeutiche e connesse, ad uno o più operatori economici diversi dal concessionario». Insomma, fuori resta solo Aspi.
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