Un pool di magistrati contro piromani e abusivi. Intanto nella capitale si respira diossina, 35 volte i valori consentiti. «Mettete le mascherine» raccomanda il presidente del VII Municipio mentre gli «sfasciacarrozze» della Palmiro Togliatti, per protesta, bloccano la strada con le lamiere bruciate: «Aspettiamo da 25 anni una nuova collocazione per le nostre attività». Summit, ieri mattina, in Procura con i pm che indagano sui quattro maxi roghi che hanno messo a ferro e fuoco la capitale in meno di un mese, Malagrotta, Pineta Sacchetti, Casal Monastero, Centocelle. A cominciare dall'incendio nel parco archeologico di sabato a Roma est. Ma le inchieste, fanno sapere a piazzale Clodio, per il momento restano separate. E se non ci sarebbero elementi per ipotizzare una regia unica, per l'ultimo rogo gli inquirenti hanno prove certe che sia doloso. Gli inneschi, recuperati dalla polizia scientifica all'interno del parco accanto ai ruderi romani, sono ancora in laboratorio per le analisi. Sempre da Palazzo di Giustizia fanno sapere che verranno avviate delle verifiche sulla gestione dei rifiuti abbandonati e del verde pubblico a Roma. Dall'immobilismo dell'amministrazione Marino, alle trovate della giunta Raggi. Come le greggi di pecore e capre assoldate per risolvere il problema delle erbacce, combustibile perfetto in estate quando diventano sterpaglie secche pronte ad accendersi. Se nessuno le taglia. Ma chi ha deciso di bruciare Centocelle, l'altro giorno, l'ha fatto con una strategia precisa. Una serie di inneschi piazzati ad arte almeno in quattro zone, quelle maggiormente investite dalle fiamme: nel Parco lato via Papiria, all'altezza del Centro Direzionale, all'Alessandrino e al Quarticciolo. Un modus operandi di chi, approfittando delle temperature africane e del forte vento di scirocco, non voleva fallire. Si punta il dito su ritorsioni fra i rom sfrattati dal Casilino 900 e accampati da anni all'ingresso del parco o su vendette nella guerra fra autodemolitori regolari, 20 su 40, e quelli abusivi su cui pendono ordinanze di sgombero e demolizione mai attuate. Adesso, dopo le sentenze della Corte Costituzionale e del Tar e, soprattutto, dopo il maxi rogo, Campidoglio e Pisana annunciano la ripresa dei lavori per la delocalizzazione delle attività. Di certo le discariche dei nomadi accampati ai margini del quartiere e gli sfasciacarrozze lungo la Palmiro Togliatti restano bombe a cielo aperto. Combustibile, olii e idrocarburi di cui il terreno è impregnato da anni, hanno accelerato le fiamme di sabato. E solo per miracolo non hanno fatto vittime. Le conseguenze della nube tossica, però, preoccupano l'Arpa Lazio, l'Agenzia Regionale per l'Ambiente, che ha prelevato campioni di aria domenica e lunedì. Dal campionamento di via Laredo i valori di diossina (che ha effetti cancerogeni e neurotossici) risultano elevatissimi. Su un limite suggerito dall'Oms di 0,1-0,3 picogrammi al metro cubo, a Centocelle il valore è di 10,6 mentre il benzoapirene (in genere prodotto da raffinerie e industrie chimiche) è di 2,6 nanogrammi al metro cubo su un massimo di 1.
La Sima, Società Italiana di Medicina Ambientale, raccomanda di restare a casa, rinunciare a passeggiate e attività sportive all'aperto, chiudere le finestre. «La diossina prodotta dall'incendio di Centocelle - spiega la Sima - produce rischi enormi per la salute».
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