Un deputato non ha il diritto di attaccare una mostra intitolata «Porno per bambini», e se lo fa deve essere processato senza potersi avvalere dell'immunità parlamentare, anche se di difendere i diritti dell'infanzia si è sempre occupato come membro del Parlamento. Questa è la tesi del tribunale di Milano, che pur di processare l'onorevole (ovviamente di destra) ha chiesto l'intervento della Corte Costituzionale, per cancellare la delibera della Camera secondo cui si trattava di opinioni espresse nell'ambito del mandato parlamentare, e quindi non processabili.
Saranno così i giudici della Consulta, nell'udienza pubblica fissata per domani, a decidere se Carlo Fidanza (nella foto), deputato di Fratelli d'Italia, deve finire sul banco degli imputati per rispondere di diffamazione ai danni di un locale milanese. La colpa dell'europarlamentare, capodelegazione di FdI a Strasburgo: essersi ripreso e diffuso sui social nel 2018, quando era deputato a Monteciorio, davanti al locale: «Siamo qui a Milano davanti a Santeria Social Club, locali dati in concessione al Comune di Milano dove il 13 dicembre si sarebbe dovuta aprire questa fantastica mostra Porno per bambini", che con immagini di dubbio gusto e sicuramente ambigue non avrebbe fatto altro che legittimare la pornografia. Non ci fermiamo qui, chiediamo di vigilare su quello che viene svolto nei locali che il Comune dà in concessione, ma soprattutto vogliamo difendere i bambini e la loro innocenza da questi pazzi che la vogliono violare».
Frasi forti, ma che la giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio rientravano appieno nel ruolo parlamentare di Fidanza. Invece il giudice Mattia Fiorentini ha ritenuto che fosse una via d'uscita troppo comoda. E si è rivolto alla Corte Costituzionale sostenendo che per avvalersi del proprio ruolo fuori da Montecitorio un deputato deve usare paro paro i termini che usa dal suo scranno, serve «una sostanziale coincidenza con opinioni espresse in sede istituzionale»; il giudice detta anche la cronologia da seguire, il deputato deve prima dire la sua alla Camera e solo dopo può ridirla (testualmente, si badi) in altri contesti.
Del tutto irrilevante per il giudice milanese è il fatto che le stesse cose Fidanza le abbia messe nero su bianco in una interpellanza parlamentare: doveva prima fare l'interrogazione, e poi girare il video.Domani si saprà se anche la Corte Costituzionale la pensa così.
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