Il centrodestra difende la riforma della giustizia e respinge l'assalto delle toghe che ieri, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, hanno abbandonato le Corti di Appello al momento in cui hanno preso la parola i rappresentanti dell'Esecutivo. Da Gedda, in Arabia Saudita, prima di salire sull'Amerigo Vespucci, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni mette agli atti tutti i suoi dubbi sulla «bontà» della mobilitazione dei magistrati: «Ogni riforma sul tema giustizia diventa un'Apocalisse, una fine del mondo». Un'altra stoccata arriva dal presidente del Senato Ignazio La Russa: «Nessuno può arrogarsi il diritto di cancellare le decisioni del Parlamento». Il vicepremier Matteo Salvini avverte: «Mi sembra una mancanza di rispetto non riconoscere quello che il popolo, tramite i suoi eletti in Parlamento, porta avanti come riforma tramite le sue persone elette. Si può contestare, ma i magistrati sono pagati per applicare le leggi, non per contestare o sovvertire le leggi». L'altro numero due del governo, Antonio Tajani, allontana i sospetti di un atto punitivo: «La riforma della giustizia non ha nulla a che vedere con scelte contro i magistrati, la questione è economica in parte e in parte concerne la libertà del cittadino. La riforma della giustizia serve a rendere più competitivo il nostro sistema imprenditoriale. Il rischio che noi abbiamo di non avere investimenti nel nostro paese dipende dalle regole, dalla burocrazia e dall'incertezza della durata dei governi, ma dipende anche dalla lentezza e dall'incertezza del processo».
La protesta dei giudici arriva dopo il primo via libera alla Camera alla legge sulla separazione delle carriere, riforma epocale e attesa da quasi trent'anni. L'Aventino scelto dalle toghe non si vedeva dai tempi dei governi Berlusconi. La maggioranza non apre varchi e alza un muro in difesa della riforma. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio parla a Napoli e i magistrati lasciano Salone dei Busti di Castel Capuano. Stesso copione a Roma quando prende la parola, nella aula Europa della Corte di Appello, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Il braccio destro di Meloni tiene aperta la porta del dialogo con le toghe: «Non abbiamo nessuna intenzione di fare una riforma contro i magistrati» spiega Mantovano. Sulla protesta il sottosegretario è esplicito: «Gesto impegnativo e carico di significato. Non è originale. Esaurita questa forma di protesta, che cosa succede?». Per Mantovano - «il gesto di alzarsi e di andarsene, cioè di rigettare la stessa interlocuzione, può avere differenti significati. Sono certo che non voglia dire contestare la legittimazione di questo Governo». A Napoli Nordio mette in chiaro: «Pensare che un ex magistrato come me, che ha servito lo Stato per oltre 30 anni, possa avere l'obiettivo di umiliare la magistratura è ingiusto». Togliendo dal tavolo anche un altro tema che spaventa le toghe: «Vi pare che io, che per 40 anni ho fatto il pm per essere libero e indipendente, vorrei un pm sottoposto a potere esecutivo? Non avverrà mai, non in nome di questa riforma costituzionale». Su un punto però, Nordio non arretra: «Il colossale potere conferito alla magistratura dev'essere temperato».
La mobilitazione delle toghe contro il governo accende lo scontro politico. Licia Ronzulli di Fi sottolinea: «L'Aventino non ha mai portato bene». Dall'altro lato, Laura Boldrini parla di «riforma punitiva contro i giudici». Tra i centristi Mariastella Gelmini boccia la protesta delle toghe.
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