Il premier non paga le imprese. Mancano ancora 60 miliardi

A dispetto degli annunci dell'esecutivo, la Pa continua a non onorare i propri debiti Bortolussi (Cgia): "L'Ue impone di saldare entro 60 giorni, la media italiana è 144"

Il premier non paga le imprese. Mancano ancora 60 miliardi

Bruno Vespa è l'unico italiano che aveva diritto a tirare un sospiro di sollievo quando il 21 settembre scorso i debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei suoi fornitori non erano stati saldati, come da solenne promessa del premier. Erano già allora un bel gruzzoletto (circa 35 miliardi di euro secondo la Cgia di Mestre). Già, perché il premier Renzi si era esposto stabilendo un patto con il giornalista televisivo nel corso di una puntata di Porta a porta andata in onda il 13 marzo dello scorso anno. «Se entro il 21 settembre, giorno di San Matteo, saldate i debiti - aveva osato Vespa - vado a piedi da Firenze a Monte Senario». I termini dell'accordo li aveva stabiliti proprio l'ex sindaco del capoluogo toscano, da poche settimane divenuto inquilino di Palazzo Chigi. La scommessa, ovviamente, l'ha persa Renzi. E con lui l'Italia intera. E oggi quei debiti si sono gonfiati.

Stando a una stima della Banca d'Italia ammontano a circa 70 miliardi, i soldi che la Pubblica amministrazione deve ai fornitori privati. Depurando da questo importo i dieci miliardi circa che i creditori hanno ceduto pro soluto alle banche, si evince che la nostra Pubblica amministrazione deve saldare ancora 60 miliardi di euro ai propri fornitori. Guarda caso la stessa cifra che il premier, appena insediato, aveva fornito nel corso della sua prima intervista televisiva (fine febbraio 2014 a Ballarò ). In quel caso Renzi aveva detto a Giovanni Floris che erano pronti proprio 60 miliardi per ripianare i debiti (e citò in quel caso l'esempio virtuoso della Spagna).

Ma le parole (soprattutto negli studi televisivi) sono una cosa e i dati concreti (fuori dalla ribalta tv) un'altra. Nonostante gli annunci, le promesse e i 56 miliardi di euro messi a disposizione dai governi che si sono succeduti in questi ultimi anni, per il biennio 2013-2014, sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «lo stock di debito rimane ancora molto elevato, poiché la nostra Pubblica amministrazione continua a pagare con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla direttiva europea introdotta nel 2013, che impone di pagare entro 30-60 giorni». Infatti, sostengono dalla Cgia, nonostante i tempi di pagamento nell'ultimo anno siano scesi di 21 giorni, secondo Intrum Justitia nel 2015 la nostra Pubblica amministrazione si conferma la peggiore pagatrice d'Europa, visto che salda mediamente i propri fornitori dopo 144 giorni, contro i 34 giorni medi che si registrano nei Paesi dell'Unione europea. Solo per fare qualche esempio, basti ricordare che la Francia salda le proprie fatture dopo 62 giorni, i Paesi Bassi in 32 giorni, la Gran Bretagna in 24 giorni e la Germania in appena 19 giorni. Insomma il premier Renzi non ci fa una gran figura con i colleghi europei. Ma non la fa nemmeno con chi lo ha preceduto a Palazzo Chigi. Tra i suoi predecessori, meglio di lui aveva fatto addirittura Mario Monti, ma anche Enrico Letta nel breve tempo concesso al suo esecutivo era stato incisivo.

Le norme principali con le quali è stato affrontato il problema sono contenute nel decreto legge 35/2013 (durante l'esecutivo di Monti, che ha messo a disposizione circa 40 miliardi di euro per gli anni 2013 e 2014), nel decreto legge 102/2013 (con il quale il governo Letta ha stanziato ulteriori 7,2 miliardi di euro per il 2013), dalla legge di Stabilità 2014 (che ha stanziato altri 500 milioni) e nel decreto legge 66/2014 (questo a opera di Renzi) che ha messo a disposizione una quota aggiuntiva di 9,3 miliardi. Questi provvedimenti hanno anche disposto misure organizzative e procedurali per impedire in futuro nuovo accumulo di debiti arretrati.

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