Il succo dell'ennesimo discorso alla nazione di Conte, nascosto nel solito corredo di formule giuridico-politichesi, autocelebrazione e pioggia di miliardi virtuali per tutti, alla fine è semplice: a Palazzo Chigi il premier intende restarci ancora a lungo. Non è certo casuale la data scelta, coincidente con la riapertura del Paese, come ad intestarsi la sensazione di liberazione che vivono gli italiani dopo tre mesi di reclusione, divieti e multe (decisi dal suo governo). E poi, neppure questo a caso, il giorno successivo all'appello ai partiti di Mattarella per «superare le divisioni come nel 1946». Invito che Conte traduce pro domo sua, nell'evocazione di «un nuovo inizio nello spirito del 2 giugno, nel segno della condivisione», che poi significa consentirgli di andare avanti a governare, facendo sì l'opposizione ma non troppo. Concede comunque il diritto di scendere in piazza, come ha fatto il centrodestra a Roma il giorno prima, perché «è giusto poter manifestare il proprio dissenso anche verso il governo», purché con la mascherina ben allacciata. Non solo, l'opposizione verrà anche coinvolta dal governo in un «Patto per la rinascita», un'altra trovata per tirare a campare facendo finta di non vedere le macerie che si accumulano nel Paese. L'ipotesi di un rimpasto, tuttavia, «non ha nulla a che a che vedere con il progetto di rinascita per il paese». Fare qualche riunione con il leader del centrodestra sì, ma squadra che non vince (Pd-M5s) non si cambia.
Conte vede «tempi medio-lunghi» davanti a sé, e infatti quello che disegna è un programma di governo che richiede anni, se non decenni, in cui evidentemente si vede ancora sulla scena politica. Gli impegni sono perciò molto vasti e generici, non un taglio delle tasse come chiede Confindustria (con cui polemizza per «l'espressione sicuramente infelice» del governo che «fa peggio del virus»), ma una riforma fiscale «sistemica e organica», perchè «l'ultima è stata fatta cinquant'anni fa», e anche questo fa intuire che ampio margine temporale si prende l'ex avvocato del popolo. Sul tema fisco ingaggia una polemica con Confindustria, il cui presidente Carlo Bonomi ha detto che il governo «rischia di fare più danni del Covid». «È stata un'espressione infelice che rimando al mittente» replica Conte, che provoca il presidente gli industriali anche sulla riforma fiscale, «dalle interviste che ha rilasciato devo desumere che Confindustria non si limiterà solo a chiedere la riduzione delle tasse», ma porterà «progetti di grande respiro e impatto per il futuro e benessere collettivo del Paese».
Ancora più mirabolante la parte sui progetti infrastrutturali. Dimenticandosi di essere arrivato a Palazzo Chigi sull'onda del M5s anti Tav, Conte disegna un paese in cui sfrecciano treni ad alta velocità in lungo e in largo. «Realizzeremo progetti piccoli e grandi, la doppia linea da Pescara a Lecce, l'alta Velocità in tutta la Sicilia, da Roma a Pescara, da Reggio Calabria a Taranto. C'è tanto da fare», senza farsi mancare neppure la disponibilità a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, quel progetto che solo a nominarlo, per il grillino Alessandro Di Battista, equivale a «mandare un messaggio chiaro alla mafia». Invece Conte assicura «mi siederò a un tavolo e senza pregiudizi valuterò anche il Ponte sullo Stretto».
Nel libro dei sogni del premier c'è anche la riforma della giustizia civile e penale, i cui tempi «non sono accettabili». Un atavico problema italiano mai risolto che però non poteva mancare nella lista di promesse sventagliate dal premier. A cui si aggiungono altri evergreen, digitalizzare il paese e realizzare la banda larga», promuovere la «lotta al sommerso per far pagare meno tasse», anche questo un grande classico, come gli altri: «investire nelle reti telematiche, idriche, energetiche, accompagnare il sistema Italia verso una transizione energetica, puntare forte come mai prima sul diritto allo studio». Una lista di roboanti frasi fatte, scurrilmente chiamate anche supercazzole. La realtà di un paese in recessione con i dati Istat che certificano 400mila inoccupati in più in due mesi e le imprese alla canna del gas, non fanno capolino nel discorso di Conte.
Il quale anzi è orgoglioso dei successi del suo governo, il trend in diminuzione del virus conferma che «la strategia adottata è quella giusta», mentre mai nessuno prima d'ora aveva aiutato gli italiani più di lui: «In campo abbiamo messo 80 miliardi, come tre manovre per aiutare le famiglie, i lavoratori, le imprese. La famosa «potenza di fuoco», che però agli italiani è sfuggita.
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