La Meloni vola a Tirana per il "modello Albania" sostenuto anche dal Ppe

Oggi la visita ai due centri di Shenjin e Gjader. Le critiche a sinistra e la sponda dei Popolari

La Meloni vola a Tirana per il "modello Albania" sostenuto anche dal Ppe
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nostro inviato a Tirana

Ieri l'informativa in Consiglio dei ministri, con l'impegno di rimettere mano alla legge Bossi-Fini che ormai dal 2002 disciplina l'ingresso in Italia dei migranti regolari. Oggi la visita lampo in Albania, con la premier che vuole verificare sul campo lo stato dei lavori del centro di prima accoglienza di Shenjin e dell'hotspot di Gjader. È qui che dal prossimo autunno dovrebbero essere trasferiti i migranti messi in salvo dalle navi italiane in base al protocollo firmato tra Roma e Tirana lo scorso 6 novembre.

Insomma, dopo che in questa campagna elettorale il tema immigrazione era rimasto piuttosto sottotraccia, Giorgia Meloni decide di rimetterlo al centro del dibattito quando mancano ormai 72 ore all'apertura delle urne. E lo fa ben sapendo che «il modello Albania» è fortemente divisivo e in questi giorni è stato oggetto di polemiche dure con l'opposizione che accusa il governo di voler «deportare» i migranti. In più c'è la questione dei costi, perché il protocollo Italia-Albania comporterà una spesa base di 650 milioni in cinque anni, destinati a salire a 850 tra i vari costi di gestione. E anche questo è argomento di scontro, con il servizio di Report su Rai3 di domenica scorsa che ha scatenato polemiche e la replica del premier albanese Edi Rama. Insomma, un tema che accende lo scontro politico.

Eppure Meloni lo rimette in cima alla sua agenda, forte anche del fatto che il dossier - insieme allo scetticismo sul Green deal - è uno dei principali punti d'intesa tra Ecr, il gruppo dei conservatori cui aderisce Fdi e del cui partito la premier è presidente, e il Ppe. Insomma, può incidere sul confronto che si aprirà a Bruxelles da lunedì con sul tavolo i reali numeri del voto delle Europee (a cui, secondo Eurostat, sono chiamati circa 359 milioni di cittadini). Una trattativa a due velocità. La prima sui top jobs europei, a partire dal voto one shot sul futuro presidente della Commissione Ue. La seconda sugli equilibri che condizioneranno il Parlamento Ue nella legislatura 2024-2029, con l'annunciata avanzata della destra che potrebbe incidere non poco. In mezzo, il ruolo di un Ppe che su alcuni temi sta lasciando da tempo una collazione centristra.

Non a caso, nel Manifesto programmatico approvato a Bucarest a inizio marzo dal Congresso del Ppe, il dossier migranti come peraltro il capitolo Green deal è uno dei principali fronti su cui i Popolari stanno muovendo il loro baricentro verso destra. Un processo che ha preso il via in Germania dopo la vittoria di Olaf Scholz alle legislative del 2021, con la Cdu-Csu (azionista di maggioranza del Ppe) che sul tema ha iniziato ad allontanarsi da quel centro dove l'aveva collocata Angela Merkel nei suoi 16 anni da cancelliere. E infatti il documento programmatico dei Popolari evoca espressamente la possibilità di «esternalizzare la gestione dell'immigrazione in Paesi terzi» e con «accordi ad hoc», come ha fatto il premier britannico Rishi Sunak con il cosiddetto «modello Ruanda», un'iniziativa a cui nel Regno Unito sono seguite accese polemiche. L'intesa siglata da Meloni con Rama si muove sullo stesso canovaccio ed è in linea con quello che il Manifesto di Bucarest del Ppe definisce «un cambiamento fondamentale nella legislazione europea sull'asilo». E cioè concludere «accordi con Paesi terzi per garantire che anche ai richiedenti asilo possa essere assicurata protezione», così che «chiunque richieda asilo nell'Ue possa essere trasferito in un Paese terzo sicuro e lì sottoporsi alla procedura d'asilo».

Insomma, sul punto c'è certamente una comunanza di vedute con il Ppe, che è destinato a restare ampiamente il primo gruppo parlamentare della futura Eurocamera e che dunque darà le carte per decidere i prossimi vertici delle istituzioni comunitarie. E c'è pure il via libera della maggioranza dei Paesi Ue, visto che a metà maggio quindici ministri dell'Interno dei Ventisette hanno chiesto alla Commissione di adottare «nuove soluzioni» sulla questione migranti, evocando proprio i protocolli tra Regno Unito e Ruanda e tra Italia e Albania.

Anche per questo, forse, Meloni oggi sarà in visita a Tirana e dintorni.

Nonostante i tempi per realizzare i due centri di Shenjin e - soprattutto - Gjader si siano diluiti. I cantieri dovevano essere chiusi entro l'estate, ma di certo si arriverà all'autunno. Con inevitabili annesse polemiche.

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