Lo schiaffo c'è tutto, anche se attutito dalle dissertazioni dei tecnici. Marta Cartabia cala le sue proposte sulla giustizia penale e manda in soffitta la dottrina Bonafede. Sorpresa: sul tavolo dei capigruppo della Commissione giustizia della Camera atterra la recuperata legge Pecorella: il pm non potrà appellare le sentenze di assoluzione e i tempi della prescrizione, dilatati dall'ex Guardasigilli, si restringono di nuovo, anche se una soluzione finale ancora non c'è.
«È un buon punto di partenza» commenta Pierantonio Zanettin di Forza Italia. «La Costituzione è tornata nel processo penale», aggiunge il sottosegretario Francesco Paolo Sisto. Una riunione in cui tutti sono collegati da remoto disegna un percorso come nemmeno anni e anni di riunioni, dibattiti e bicamerali.
Il ministro della Giustizia chiarisce subito la posta in palio: «Sulla durata dei processi - è l'esordio di Cartabia - il Governo si gioca tutto il Recovery plan»: frase a effetto che è anche in qualche modo una minaccia per i parlamentari; i soldi destinati alla giustizia sono 2, 7 miliardi, ma un fallimento su questo fronte costringerebbe l'Italia a restituire tutti i 191 miliardi previsti. Questa volta non si può tergiversare, fino a far naufragare l'intero Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Cartabia, dopo tante garbate disquisizioni, è drastica: «Se opporremo resistenza ai cambiamenti, mancheremo gli obiettivi che la Commissione ci richiede e quindi l'Italia dovrà restituire quella imponente cifra che l'Europa sta per immettere nella vita economica e sociale del Paese».
Bisogna accelerare i tempi dei processi, ma è necessario dare le giuste garanzie agli indagati. «Dobbiamo contenere il rischio - ammonisce Cartabia - che il processo si trasformi in un anticipo di pena».
A questo punto, il ministro lascia la parola ai tecnici: prima l'ex presidente della Consulta Lattanzi, infine il professor Gian Luigi Gatta della Statale di Milano. Lattanzi rispolvera la legge Pecorella: il pm non potrà fare appello contro l'assoluzione di primo grado. Il motivo di fondo è intuitivo, anche per chi non mastica l'argomento: come si fa a condannare oltre ogni ragionevole dubbio chi era stato assolto da altri giudici?
E peró la Pecorella era finita a suo tempo nel tritacarne dell'incostituzionalità, perché squilibrava la parità fra accusa e difesa. Come superare quelle autorevoli obiezioni?
«L'idea - spiega Sisto - è quella di uno scambio: anche la difesa avrà limiti e vincoli nel giocare la carta dell'appello, fermo restando che si potrà sempre andare in Cassazione». «Vigileremo - aggiunge Zanettin - perché spesso i giudici di appello riformano le sentenze di primo grado e dovremo trovare un punto di compromesso accettabile».
La strada sembra segnata: il progetto prevede il rafforzamento dell'udienza preliminare che oggi, troppo spesso, è solo una stazione di passaggi, anzi un imbuto verso l'inevitabile processo. E ancora: si valuta il potenziamento dei riti speciali, un po' come nel sistema americano pure assai differente; in Italia non sono mai decollati come si sarebbero aspettati i padri del nuovo codice di procedura penale, ora si corre ai rimedi.
Ma il capitolo più spinoso è quello della prescrizione e qui la Commissione Cartabia seppellisce il sistema Bonafede: la prescrizione illimitata, a vita, dopo il verdetto di primo grado.
La prescrizione nella nuova formulazione si blocca due anni in appello, dopo la condanna di primo grado, e un anno in Cassazione, ma se questi paletti vengono superati allora quei periodi sono recuperati e conteggiati, come invece non succedeva nemmeno nella riforma Orlando.
In ogni caso non si resta sotto i riflettori della giustizia a oltranza, come accade con la norma voluta dai 5 Stelle, e per chi è assolto non ci sono fasi di stallo.
In alternativa Gatta propone la prescrizione processuale, modulata sulle diverse fasi dibattimentali: 4 anni per il primo grado, 3 per il secondo, 2 per la Cassazione. Un meccanismo più nebuloso per alcuni dei politici collegati via web, ma da approfondire.
«In cinque anni - conclude Cartabia - dobbiamo ridurre del 40 per cento i tempi dei giudizi civili e del 25 per cento quelli dei processi penali».
D'altra parte esiste un diritto alla ragionevole durata del processo,
mortificato da dibattimenti interminabili e calpestato ulteriormente dalla prescrizione targata Bonafede. Come reagiranno i 5 Stelle al cambio di passo?È la grande incognita del dibattito che si aprirà nelle prossime settimane.
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