Il pressing di Draghi: lavori veloci in Parlamento

L'appello repubblicano di Draghi. E ora si affida ai partiti per attuare in fretta il Recovery

Il pressing di Draghi: lavori veloci in Parlamento

E ora correre, a perdifiato, con la lingua di fuori. Supermario, l'uomo delle missioni impossibili, ha già salvato la moneta unica, anestetizzato i mercati e riportato l'Italia nella serie A europea, quindi è «sicuro» di farcela anche stavolta: «Ho fiducia nel mio popolo». Ma insomma, la politica deve svegliarsi. Il piano di rinascita è pronto, i 248 miliardi pure: e i partiti? Saranno in grado di reggere il ritmo? «Qui dentro non ci sono solo riforme e progetti, c'è il destino del Paese. Ritardi, inefficienze, miopie, visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite». Ce la faremo se non saremo «stupidi». E siccome abbiamo fretta, la governance resta nella mano solida di Palazzo Chigi: le forze politiche si sono arrese.

Otto mesi per ristrutturare l'Italia, per «superare le debolezze che affliggono la nostra economia da decenni» e dare un futuro migliore ai giovani. «Garantisco io», ha detto Draghi a Ursula von der Leyen, mettendo tutto il suo peso sulla trattativa e spazzando sul nascere il fuoco amico di Bruxelles. Però sarà una corsa. Decreti, il primo già a maggio, leggi, riforme, misure a regime, normative delegate, provvedimenti attuativi. Per la fine dell'anno la Ue deve vedere cambiamenti di sostanza per fisco, giustizia e pubblica amministrazione.

Sembra impossibile, pensando alla storia del Belpaese, eppure è necessario. Ma la scommessa sulla crescita del premier funzionerà soltanto se la maggioranza smetterà di litigare su tutto e se ministeri e Parlamento cominceranno a lavorare a ritmi mai visti a queste latitudini. Draghi punta sulla presa di coscienza «collettiva» delle Camere, sul fatto che siamo davvero all'ultima spiaggia. Quanto ai partiti, che polemizzino e si accapiglino è fisiologico, forse salutare viste le differenze di posizione e di bacini elettorali. Il presidente del consiglio se ne rende conto, non si scandalizza per qualche tono alto. Litighino pure sul coprifuoco e sul caffè al bancone, purché poi si concentrino sul Recovery. In questo quadro il nuovo dualismo Salvini-Letta fa anche gioco. Rivendicare l'identità serve a non mettere in discussione il grande obbiettivo comune.

E si, perché nel Pnrr non ci sono solo tabelle, riforme, missioni e quasi 250 miliardi da investire bene da spendere. «Dentro ci sono le vite degli italiani. Giovani, donne, persone che verranno. Le attese di chi ha sofferto per la pandemia, i morti non contabilizzati, le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l'educazione dei figli, le angosce di chi ha perso il lavoro». E no, non è più tempo di sventolare bandiere di parte o di compulsare sondaggi. «I ritardi colpiranno i cittadini più deboli, i nostri figli e nipoti e forse non ci sarà più occasione per porvi rimedio».

Quindi, visto che siamo di fronte a un secondo Piano Marshall, a una seconda ricostruzione, il premier cita De Gasperi come modello di politica fattiva. «L'opera di rinnovamento fallirà se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati, pronti a faticare». Ma il fallimento non è un'opzione prevista. Anzi, con il piano Draghi fissa tre obbiettivi precisi. Il primo «ravvicinato» consiste nel «riparare i danni del Covid, con un Pil caduto dell'8,9 per cento». Poi bisogna togliere la ruggine e aggiustare «la debolezza strutturale» della nostra economia: produttività, scarsa crescita, divari territoriali, disparità di genere. E il terzo riguarda la transizione ecologica, che ci farà ottenere i fondi di Bruxelles e un Paese migliore.

Un libro dei sogni? No, se la politica farà il suo lavoro.

«Ringrazio il Parlamento per l'impulso, sono certo che l'onesta, l'intelligenza e il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, sulla stupidità e sugli interessi costituiti». Ottimismo «sconsiderato»? Macché. «Ho fiducia che questo appello repubblicano verrà ascoltato». E via di corsa.

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