Le prigioni di Cecilia: "Il giorno dell'arresto e gli interrogatori. In cella di isolamento ho riso due volte. Salvata da un libro"

Il podcast della giornalista: "Non mi hanno spiegato perché fossi a Evin"

Le prigioni di Cecilia: "Il giorno dell'arresto e gli interrogatori. In cella di isolamento ho riso due volte. Salvata da un libro"
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«Amo ancora l'Iran e le donne iraniane». Così si racconta con orgoglio Cecilia Sala il giorno dopo la liberazione nel suo podcast Stories su Chora Media. Cecilia è intervistata da Mario Calabresi e parla dei 21 terribili giorni trascorsi nel carcere di Evin a Teheran, la sua prigionia. La reporter snocciola i ricordi, i pensieri e le emozioni anche del suo rientro, della prima sera a casa. «Non ho dormito per l'eccitazione e per la gioia. Quella precedente per l'angoscia». Una notte insonne, carica d'adrenalina, dunque. Cecilia racconta ogni cosa, momento per momento e confessa: «Qualche volta qualcuno che incontri buca lo scudo che ti sei creato e in Iran questo mi era successo». Prima di partire, ha spiegato, «avevo preso in considerazione il rischio di essere arrestata ed è una cosa che mi sono rimproverata molto una volta dentro». Poi ripercorre i pochi attimi prima del suo fermo: «Hanno bussato alla mia camera d'albergo, pensavo fossero delle pulizie, sono stati insistenti, ho aperto e mi hanno portato via». Sala ha detto di aver capito subito di essere a Evin: «Non c'ero mai stata ma conosco come è fatto quel carcere». Lì, quasi ogni giorno, veniva interrogata: «Per le prime due settimane tutti i giorni». La sua incolumità, però, «non è stata minacciata fisicamente in alcun modo, ma nella mia mente sì, ho pensato che avrebbero potuto uccidermi». Poco prima del suo arresto Cecilia aveva letto del fermo in Italia di Mohammad Abedini. «Ho pensato che potesse esserci l'intenzione di usarmi».

Poi ricorda qualche frammento di luce: «Ho riso due volte in cella di isolamento. La prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che ha fatto un verso buffo. Il silenzio è un nemico», racconta ancora. «Ho pianto di gioia, ho riso di gioia» ha continuato. La cosa più difficile? «La tua testa, mi sono ritrovata a contare i giorni, le dita, a leggere gli ingredienti del pane, unica cosa in inglese». «Quello che più volevo? - ha aggiunto Sala - Un libro, la storia di un altro in cui potermi immergere. Ho chiesto il Corano in inglese perché pensavo potessero averlo, ma non mi è stato dato per molti giorni». Tante le difficoltà e le privazioni: «Gli occhiali non me li hanno mai dati perché sono pericolosi, si possono rompere i vetri per ferirsi. Per la stessa ragione non mi hanno mai potuto dare una biro. Dormivo a terra, senza cuscini né materassi. Mangiavo tanto riso con lenticchie, carne. Il problema non è stato mangiare, ma dormire».

E ancora: «Uno dei momenti più complicati è stato quando ho dovuto dire che mi avrebbero liberata a Farzanè, la donna con cui sono stata insieme in cella negli ultimi giorni. Provo senso di colpa per chi è ancora lì». Mercoledì 9, mentre viaggiava in auto dalla prigione verso l'aeroporto, e guardava fuori dal finestrino, Sala ricorda di aver pensato: «Guarda questo posto che ami così tanto, perché ora che sei libera, forse è l'ultima volta che lo vedrai». La cosa che le è mancata di più invece? «Daniele», cioè il suo compagno e collega del Post. Negli ultimi giorni è arrivato il «libro: Kafka sulla spiaggia di Murakami, triste, pieno di sesso. Quando ho sentito Daniele gli ho chiesto di prenderlo anche lui perché ci capitasse di essere almeno con la testa nello stesso posto».

Poco prima delle 8,30 di ieri mattina Cecilia ha postato la prima foto su Instagram in cui abbraccia con tenerezza il fidanzato e ha scritto: «Ho la fotografia più bella della mia vita. In testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie».

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