Dalla pecora Dolly al topo hi-tech. La «fattoria»l geneticamente modificata si amplia di giorno in giorno e ieri ha registrato una nuova, clamorosa, new entry. Si tratta del primo esemplare di roditore «venuto fuori dal nulla». Insomma, nessun «rapporto» tra animali di sesso opposto e nessuna clonazione come nel caso appunto della pecora Dolly. Siamo invece di fronte al primo roditore prodotto da un embrione artificiale. Come dire - anticipando (e di molto) i tempi - che la tappa successiva potrebbe essere quella della creazione dell'uomo artificiale. La scoperta è dei ricercatori britannici: si tratta di un embrione di topo formato da cellule staminali che si sono assemblate, dando origine a una struttura tridimensionale simile a un embrione naturale. Il risultato è sconvolgente, perché bypassa in un sol colpo l'intero ciclo produttivo della vita così come lo conosciamo per la maggior parte delle specie sulla Terra: l'esperimento riproduce esattamente tutte le fasi dello sviluppo di un embrione (per la prima volta) in una struttura tridimensionale. «In altre parole, sia le cellule embrionali sia quelle che danno vita alla struttura su cui si sviluppa l'embrione cominciano a parlare le une con le altre fino a organizzarsi in una struttura che si comporta come un embrione», ha osservato l'autrice della ricerca Magdalena Zernicka-Goetz, del dipartimento di Fisiologia, sviluppo e neuroscienze di Cambridge. Un passo avanti per gli studi sulla fecondazione, certo, ma soprattutto verso la vita creata in laboratorio. Una rivoluzione, forse quella decisiva per la vita umana artificiale. Anzi, allo sviluppo di un individuo fuori dall'utero.
«È solo una possibilità - si affrettano a dichiarare gli autori del lavoro pubblicato sull'autorevole rivista Science - l'embrione artificiale permetterà di comprendere le primissime fasi dello sviluppo embrionale, spiegando il motivo per cui più di due gravidanze umane su tre falliscono».
«Nonostante l' embrione artificiale sia simile a un embrione naturale, per i ricercatori è improbabile che possa svilupparsi per dare origine a un feto sano - precisa il direttore del Laboratorio di Biologia dello sviluppo dell'università di
Pavia, Carlo Alberto Redi -. Perché questo possa avvenire, bisogna utilizzare anche le cellule staminali che permettono la formazione del sacco vitellino, la cui rete di vasi sanguigni è indispensabile per nutrire l'embrione».
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