Primo round alla Santanchè. Il tribunale: no al fallimento

I giudici hanno optato per lo spacchettamento delle società del settore bio. Stop alla liquidazione giudiziale di Ki-group

Primo round alla Santanchè. Il tribunale: no al fallimento
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Il terremoto per il momento sembra scongiurato. Le tre società un tempo gioiello del bio, che hanno avuto fino al 2022 ai vertici la ministra del turismo Daniela Santanché, prendono strade separate sul piano della giustizia civile in attesa di ulteriori «integrazioni» e «chiarimenti». Il tribunale fallimentare milanese con un provvedimento depositato ieri mattina ha disatteso la prima istanza della procura di Milano: e cioè di considerare un unico gruppo le tre società procedendo a una liquidazione di gruppo, il vecchio fallimento.

Invece, non solo ieri il tribunale ha optato per la formula dello «spacchettamento», dividendo così i destini delle società. Ma ha segnato un primo punto a favore per la società Ki-group srl, dopo che un paio di settimane fa l'azienda - con un bonifico partito dallo studio dell'avvocato Salvatore Sanzo - ha saldato parte del suo debito con i creditori: 140mila euro tra stipendi e tfr versati a cinque dipendenti. Per questa parte in particolare la seconda sezione civile del tribunale con decisione collegiale (Caterina Macchi e Sergio Rossetti, Francesco Pipicelli) ha dichiarato estinta la procedura di liquidazione giudiziale. «Va pronunciata l'immediata declaratoria di estinzione del rapporto processuale con riferimento alle cinque lavoratrici ricorrenti, che non sono più legittimate attive al ricorso nei confronti di Ki group srl», si legge nel testo del provvedimento.

Ki group srl, in attesa di sapere se riuscirà ad accedere al concordato semplificato, è stata anche invitata al «deposito telematico di una memoria difensiva con le integrazioni, modifiche precisazioni e chiarimenti di cui in parte motivazionale». Rimangono poi scoperti gli emolumenti per altri creditori per i quali l'avvocato Daniele Carboni ha ribadito la liquidazione giudiziale: e cioè sei agenti di commercio, con partita Iva, per un totale di circa 300mila euro.

Anche sulle altre società, cioè Bioera e la holding, il tribunale ha dato tempo di chiarire e integrare in vista di una composizione negoziata della crisi direttamente in Camera di Commercio, senza passare dal vaglio di un giudice. E di un eventuale accesso alle misure protettive, che devono essere ratificate da un giudice. Misure che - ricorda sempre il tribunale - inibiscono «la procedura della sentenza di apertura di liquidazione giudiziale per le società». Una sorta di «ombrello», in sostanza, capace di congelare le istanze di fallimento avanzate dalla procura per almeno 120 giorni in quanto si tratta di uno strumento che impedisce ai creditori di aggredire la società che sta provando a intraprendere un piano di risanamento. Sempre i giudici hanno chiesto a Bioera un «chiarimento» in ordine all'apporto di finanza esterna promesso di circa 800mila euro, da versare nelle casse di Ki-group srl. Per questa ultima società infatti, la possibilità di accedere al concordato semplificato dipende proprio da Bioera. E così i giudici si sono interrogati sulla «fattibilità di tale apporto» che potrebbe essere «qualificato come pregiudizievole degli interessi dei creditori».

E ancora si legge: «Appare in ogni caso evidente che Bioera spa dovrà valutare, in ragione delle tempistiche per addivenire all'eventuale fissazione e celebrazione del giudizio di omologa del presente concordato semplificato, l'eventuale prolungamento del periodo di efficacia della propria offerta, scadente a breve in data 31 dicembre 2023».

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