Primo voto il 24 ma quello decisivo sarà il quarto. E l'elezione lampo diventa un'illusione

Segnatevi questa data, lunedì 24 gennaio, ore 15, palazzo Montecitorio

Primo voto il 24 ma quello decisivo sarà il quarto. E l'elezione lampo diventa un'illusione

Segnatevi questa data, lunedì 24 gennaio, ore 15, palazzo Montecitorio. Poi, tranquillamente, senza stress, tracciateci una croce sopra: salvo miracoli, non sarà quello il giorno del tredicesimo presidente della Repubblica ma solo il primo appuntamento, il fischio d'inizio di una partita aperta, al buio e dall'esito imprevedibile. Infatti, manca tutto. Non c'è un nome, non c'è uno straccio di intesa tra i blocchi, non c'è nemmeno una vera trattativa in corso. E senza un accordo forte e ampio, che comprenda anche Palazzo Chigi, sarà matematicamente impossibile eleggere il nuovo capo dello Stato allo scrutinio numero uno, quando servirà una maggioranza di due terzi, cioè 673 voti. Bisognerà aspettare almeno la quarta chiamata, quando ne basteranno 505.

Intanto però si comincia, la procedura istituzionale è partita. Roberto Fico, presidente della Camera, a un mese esatto dalla scadenza del mandato di Sergio Mattarella, come prevede l'articolo 85 della Costituzione ha consultato il presidente del Senato Elisabetta Casellati, ha convocato per il 24 il Parlamento in seduta comune con la partecipazione dei delegati regionali e, in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ha scritto pure due righe su Facebook. «Siamo al lavoro insieme al collegio dei questori per definire l'organizzazione e le misure per garantire la piena operatività e sicurezza del voto». Fasce orarie, distanziamenti, voti scaglionati, chiusura del Transatlantico. Il Covid è in agguato anche nel Palazzo.

E la partecipazione di Mr Omicron pare al momento uno delle poche certezze della contesa: i pessimisti calcolano in un centinaio i grandi elettori che potrebbero essere positivi o confinati o comunque assenti. Il dieci per cento, una quota che può influire su quorum, alleanze e caccia agli indecisi e che si somma alla grande incertezza di base. Anzi, all'impasse completo. I partiti hanno rinviato i loro vertici. Il Pd dovrebbe riunire i gruppi parlamentari il 13, poi consultarsi con i Cinque Stelle che al momento hanno almeno quattro posizioni diverse: Draghi, Mattarella bis, una donna, uno qualsiasi purché la legislatura prosegua e non si vada al voto anticipato. Il centrodestra in teoria sta meglio, con Silvio Berlusconi che non si è ancora sbilanciato ma che è il candidato naturale della coalizione e che sulla carta deve aggiungere una sessantina di voti ai suoi 450 di partenza: però anche loro hanno deciso di rimandare l'incontro alla prossima settimana, quando la situazione sarà più matura.

Certo, pure in questa nebbia non manca il lavoro diplomatico sotterraneo. Enrico Letta è tra i più attivi. Del resto il Pd, che puntava su un ripensamento di Mattarella, non ha un candidato. Il segretario vorrebbe spostare Mario Draghi sul Colle, però ha mezzo partito contro: se il premier trasloca, dicono al Nazareno, il governo rischia di cadere. Stesso discorso per Calenda e Renzi, convinti che sia impossibile togliere Draghi da Palazzo Chigi in mezzo alla pandemia e con il Pnrr da completare. Letta sta quindi, con affanno, cercando una soluzione, un patto doppio Quirinale-governo. Pure Giancarlo Giorgetti si sta dando da fare. Fico, convocando la seduta il 24, ha dato tempo ai mediatori. Al momento però un accordo sembra difficile.

E quindi, stando agli allibratori e ai politologi più smagati, la cosa più probabile è che i primi tre scrutini vadano in bianco. Soltanto al quarto, quando il quorum calerà alla maggioranza semplice, il gioco entrerà nel vivo. Se il centrodestra dispone di 450 voti, i giallorossi sono a 420, che diventano 463 con Italia Viva. Come superare quota 505? Tutti gli aspiranti guarderanno in quel capiente serbatoio in mezzo ai due poli, ottanta-cento grandi elettori centristi e dei gruppi misti che potrebbero risultare decisivi. Le minoranze linguistiche, quattro deputati e cinque senatori. Gli ex Cinque Stelle di Alternativa c'è, che ha 19 componenti.

I cinque di Azione-più Europa, i sei del Centro democratico, i tre del Maie, i tre di Facciamo Eco, i cinque dolo Nci. Parlamentari sparsi, fritto misto di sigle ai quali vanno aggiunti i 24 fuorusciti grillini che alla Camera non sono iscritti a nessun gruppo. E poi, non vogliamo parlare dei sei senatori a vita? Chi farà tombola?

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