Ai funerali di Berlusconi, il 14 giugno 2023, il mondo ha scoperto la famiglia del Cavaliere. () Ho parlato con tutti i cinque figli, cominciando da Marina, capofamiglia anche quando il padre era ancora in vita: per lui è stata figlia, madre, sorella, compagna. (Marina, 57 anni, è stata indicata da «Forbes» e «Fortune» come una delle donne più influenti del mondo. Dal 2008 è sposata con Maurizio Vanadia, già primo ballerino della Scala, e ha due figli: Gabriele, 21 anni, e Silvio, 19.) A ogni attacco reagiva con signorile decisione, ma si vedeva benissimo che sotto il guanto di velluto nascondeva gli artigli della tigre.
Lei ha sempre difeso suo padre pubblicamente, le dico, ancora tre mesi prima della morte e dopo la morte, dalle antiche e inutilmente ricorrenti accuse di contiguità con la mafia e, addirittura, di stragismo. Che cosa l'ha ferita di più? Suo padre ci aveva fatto l'abitudine o continuava a soffrirne?
«È un'enormità che mi fa star male. Ma come è possibile che una persona di buon senso ipotizzi davvero che Silvio Berlusconi, l'uomo politico italiano più importante del dopoguerra e uno dei più grandi imprenditori degli ultimi cinquant'anni, sia addirittura il mandante delle stragi mafiose del 1992-93? Ma siamo impazziti? È da trent'anni che un gruppo di magistrati non fa altro che rovistare nella sua vita e nei conti della Fininvest senza trovare nulla, perché non c'è nulla da trovare. E le stesse procure che indagavano hanno dovuto, per tre volte, chiedere l'archiviazione. Ma ogni volta che un teorema crollava, ne costruivano subito un altro per andare avanti. E l'illusione che, con la scomparsa di mio padre, questa persecuzione indegna di un Paese democratico sarebbe finita, si è rivelata, appunto, un'illusione. Perché ora l'obiettivo è la sua damnatio memoriae. Ma sa qual è la cosa che più pesa? Il senso di impotenza. Perché, anche quando questa indagine dovrà essere chiusa, e nell'unico modo possibile, cioè con un nulla di fatto, qualche schizzo di fango resterà. È il meccanismo diabolico che ha avvelenato la vita di questo Paese: si apre un'indagine, anche la più sballata, i giornali amici decretano la condanna mediatica senza appello, e della verità giudiziaria che arriverà molto dopo importa poco, anzi nulla. A questo, credo che nessuno debba mai abituarsi».
Il giorno della morte di mio padre (avevo 31 anni) mi sentii improvvisamente adulto. A lei, per fortuna, è capitato più tardi. Ha provato la stessa sensazione, le chiedo.
«La sensazione che ho vissuto e che sto vivendo è un'altra: da quel giorno mi sento diversa, non sono più la persona di prima, e ogni cosa è differente da quello che era. Le lenti con cui ho sempre guardato la realtà attorno a me, tutto a un tratto non sono più le stesse. È cambiato anche il modo di pormi verso la vita, verso il futuro. Verso tutto. Ho vissuto la morte di mio padre come un terremoto: ha raso al suolo il mondo per come lo avevo conosciuto. Penso sia una cosa che succede a tutti di fronte alle grandi perdite della vita: c'è una contraddizione tra come ti senti e quello che accade fuori, ti guardi intorno e ti rendi conto che, inevitabilmente, tutto continua ad andare avanti come se nulla fosse, come se quel terremoto fosse successo solo dentro di te. E anche tu devi andare avanti, non esistono alternative».
Affetti e azienda. Come suo padre l'ha formata e come ha accompagnato i suoi vent'anni di presidenza Mondadori e i diciotto di presidenza Fininvest?
«Solo guardare mio padre al lavoro è stata la migliore delle scuole. Sapeva tirare fuori il meglio da me, ma senza impormi mai nulla. Anzi, ha sempre voluto che ogni scelta, anche la più importante, fosse mia. E mia soltanto. Devo dire che quando penso al modo in cui mi è stato vicino, alla stima e alla fiducia che ha sempre avuto nei miei confronti, mi rendo veramente conto di quanto la vita sia stata generosa con me: ho avuto un grande papà e ho anche una grande mamma». (...)
«Mai creduto in un mio ruolo in politica»
Qual è il ricordo più bello? E quello più amaro, le domando.
«I ricordi belli sono così numerosi che non basterebbe tutto il suo libro per raccontarli. Però, mi capirà se le dico che preferisco tenerli per me. I ricordi amari, oltre ovviamente alla preoccupazione, allo smarrimento e alla sofferenza del periodo della malattia, sono quelli legati ai colpi bassi che ha ricevuto, al male che gli hanno fatto. E qui devo tornare sulla persecuzione giudiziaria. Penso, ad esempio, all'assurda condanna per frode fiscale del 1° agosto 2013. Per non parlare del capitolo Ruby, una delle pagine più vergognose della giustizia italiana. Era un'inchiesta fatta di accuse e processi basati sul nulla, sul tentativo di mescolare una valutazione morale o meglio moralistica con quella penale. Roba da roghi dell'Inquisizione! Per oltre dieci anni, però, hanno rovesciato addosso a mio padre infamie e falsità per le quali nessuna difesa sarà mai sufficiente, nonostante sia stato sempre assolto. C'è un altro episodio che non riesco a dimenticare: quel sorrisetto che nel 2011 si scambiarono Nicolas Sarkozy e Angela Merkel. Un sorrisetto con cui due governi stranieri stavano sabotando l'esecutivo che gli italiani avevano scelto democraticamente. Il signor Sarkozy ha atteso dodici anni per ammettere, nel libro che ha pubblicato qualche mese fa, quel complotto contro Silvio Berlusconi, una verità che peraltro già conoscevamo tutti. E ne ha approfittato per aggiungere un po' di insulti verso mio padre, aspettando la sua morte, a conferma del gentiluomo che è sempre stato. Un espediente per vendere qualche copia in più o per avere qualche titolo sui giornali. Del resto, le sue aspirazioni, direi un po' esagerate, il marito di Carla Bruni ha dovuto nel tempo ridimensionarle drasticamente... Come si dice? Sic transit gloria mundi».
Come visse il periodo in cui suo padre era assegnato ai servizi sociali?
«L'ho vissuto per quello che era: la condanna ingiusta di un innocente. Come si poteva viverlo altrimenti? Eppure, in quei giorni di servizio sociale che trascorse a Cesano Boscone non lo sentii mai lamentarsi, mai protestare. Anzi, le sole parole che pronunciava erano di affetto verso le persone che andava ad accudire. Non perse il suo sorriso. E questa per me fu la prova che era riuscito nell'ennesima riscossa: trasformare un passaggio così difficile e umiliante in una vittoria».
Si è parlato molto di una sua successione politica. Suo padre mi diceva sempre: a Marina farebbero quello che hanno fatto a me. Questo l'ha trattenuta?
«No, non è questo il motivo. Indubbiamente, se ripenso a quello che certa magistratura e certa stampa gli hanno fatto, mi vengono ancora i brividi, però ho imparato da lui a fare le mie scelte in positivo: puntando verso obiettivi in cui credo, e non, invece, escludendoli per timore. E a un mio ruolo in politica non ho mai creduto, non fa per me, e penso che non sarei nemmeno la persona giusta al posto giusto. La politica mi interessa e la seguo con attenzione, ma è una cosa terribilmente seria, merita rispetto e non improvvisazione. Il mio lavoro è nelle aziende del gruppo, il mio obiettivo è rafforzarle e costruire il loro futuro. Perché è quello che voglio davvero, non perché ho paura di altro».
Com'è stato suo padre come nonno?
«Silvio Berlusconi era un nonno dolce, divertente e premuroso, tanto quanto lo era come padre. Si è fatto amare tantissimo anche dai suoi nipoti. Quando ne parlava, gli si illuminavano gli occhi. Ci ricordiamo tutti il suo entusiasmo durante l'ultimo discorso in Senato, il 26 ottobre 2022, quando annunciò la nascita di un altro nipotino, Tommaso Fabio, il figlio di mio fratello Luigi. Evviva! disse. In quella esclamazione c'era tutto il suo orgoglio, tutto il suo amore per la vita. I miei figli lo adoravano, perché sapeva trasmettere loro grandi insegnamenti, ma anche farli ridere e divertire. Durante il lockdown del 2020 abbiamo trascorso otto mesi sempre insieme, nella nostra casa in Provenza, io, Maurizio, Gabriele, Silvio, papà e Marta. Il più allegro di tutti era proprio papà. Passava ore con i miei figli, che gli chiedevano della sua vita, e lui mescolava aneddoti, barzellette e battute».
«Quel tatuaggio di mio figlio Silvio»
Poi Marina Berlusconi mi racconta un fatto appena successo e molto significativo. «Il mio figlio più giovane, Silvio, che ha 19 anni e ha appena cominciato l'università, qualche giorno fa si è fatto tatuare sull'avambraccio un disegno che rappresenta le ali di un angelo sovrastate da una stella. Nel disegno ci sono quattro cifre: 29, 9, 36 e 4. Sono il giorno e il mese di nascita di mio padre e di mio figlio, che coincidono, e cioè il 29 settembre, e i rispettivi anni, il 1936 e il 2004. Il giovane Silvio ha voluto tanto bene al nonno Silvio da inciderselo sulla pelle, per sempre! Probabilmente mio padre avrebbe avuto da ridire, si sa che non amava i tatuaggi, ma questo è davvero speciale».
Lei è stata sempre molto indulgente per la sua vita piuttosto «libera» (in realtà, suo padre era un recluso). Lo ha mai rimproverato, sia pure affettuosamente?
«Non è questione d'indulgenza: a volte avevamo opinioni diverse, abbiamo fatto anche scelte diverse, ma io rispettavo le sue e lui le mie. Nessuno di noi ha mai avuto la pretesa di giudicare i comportamenti dell'altro. Ha vissuto la sua vita fino in fondo, quella libertà per la quale ha sempre combattuto la rivendicava naturalmente anche per sé, e non era disposto ad alcun compromesso. Ha pagato per questo un prezzo altissimo, ma è sempre stato coerente con se stesso e con le sue idee».
Quante persone, anche donne, hanno approfittato della sua generosità?
«Ci ho pensato tante volte e tante volte ho provato un grande fastidio, ma oggi mi sento di dire che, alla fine, è stato giusto così. Lui era molto, molto generoso. La generosità lo faceva stare bene, lo rendeva felice. Quindi, in fin dei conti, penso che abbia fatto bene a fare tutto quel che ha fatto. Sono convinta che un Silvio Berlusconi meno generoso non sarebbe stato Silvio Berlusconi. E se qualcuno, o più di qualcuno, se ne è approfittato, amen».
Che cosa è cambiato in azienda con la sua scomparsa?
«Da un punto di vista operativo, la macchina ovviamente continua a girare a pieno ritmo. Come sa, da quando era entrato in politica, nel 1994, non seguiva più da vicino la vita delle aziende. Eppure, a un livello più profondo, nulla potrà più essere come prima. La scomparsa di mio padre ha lasciato un vuoto nella politica, nei media, mi pare tra la gente, nell'intero Paese. E, a maggior ragione, nelle nostre imprese. Lui le ha fondate, per Mediaset era un vero e proprio padre. Tutti noi abbiamo sempre sentito la grande responsabilità di portare avanti quello che ha costruito: e inevitabilmente quella responsabilità la sentiamo ancora di più da quando ci ha lasciato. Questo, però, ci fa anche sentire più forti: sappiamo che pensare al futuro, come ha sempre fatto lui fino all'ultimo, continuare a lavorare sodo e a far crescere le aziende è il modo migliore non solo per onorare la sua memoria, ma anche per continuare a farlo vivere con noi».
Quale sarà il futuro di Mondadori?
«Il futuro della Mondadori si riassume in tre parole: libri, solidità e crescita. Tre parole che, in realtà, riassumono anche il nostro presente. Abbiamo dovuto lavorare dieci anni per far fronte, con una drastica riduzione della nostra presenza, alla crisi irreversibile del settore periodici, ma oggi siamo quello che all'inizio del nostro grande processo di trasformazione avevamo progettato di essere: un'azienda di libri, che ha anche una presenza significativa nel digitale. In tutto questo tempo non abbiamo mai smesso di investire: dai libri Rizzoli alla scolastica De Agostini, fino alle operazioni più recenti nel settore dei fumetti e nella promozione e distribuzione per editori terzi, oltre che nel digitale. E oggi i risultati ci dicono che abbiamo fatto la scelta giusta: i conti della Mondadori sono decisamente lusinghieri, e continuano a migliorare». (...)
Al funerale, voi cinque figli insieme avete dato una bellissima immagine di unità.
«Non è semplicemente un'immagine, è il nostro modo di essere! Quello che tutti hanno visto è l'armonia e l'unità della nostra famiglia. E mi riempie di gioia pensare che sia stato bello anche per nostro padre e che sia stato fiero di noi. Perché è lui ad averci educato a quei sentimenti che sono alla base del nostro legame e da cui è nata la grande concordia che c'è tra noi fratelli. Il giorno del funerale è stato un giorno di immenso dolore, ma anche un giorno in cui ci siamo sentiti più uniti che mai. Recentemente ho letto l'articolo di un giornalista che stimo molto: sottolineava come anche i più fervidi ammiratori di mio padre non immaginassero che un uomo così importante, impegnato, con una vita pubblica e privata molto più che densa, avesse potuto trovare il tempo e le energie per fare fino in fondo il mestiere del papà. E l'articolo aggiungeva come l'unità tra noi fratelli stia invece dimostrando che, oltre che un grande uomo, è riuscito a essere anche un grande papà. È vero, e per noi fratelli è bellissimo vederlo riconoscere».
L'eredità, tema abitualmente delicato, vi ha visti concordi senza battere ciglio...
«Dopo l'apertura del testamento, a luglio, in tanti si sono improvvisati periti calligrafici, alla ricerca di incoerenze e contraddizioni nelle lettere che nostro padre ha lasciato, in tanti hanno provato a insinuare dubbi e ipotesi strampalate. Ma la verità è che ci ha trasmesso le sue ultime volontà con indicazioni semplici ed estremamente chiare, come ha sempre fatto. Noi le abbiamo seguite, lasciandoci guidare da tutto il rispetto, oltre che dalla gratitudine infinita, che meritava. Ognuna delle scelte che abbiamo fatto è stata presa insieme e di comune accordo tra tutti e cinque. Quello che lui avrebbe voluto».
Posso chiederle com'è il suo rapporto con Marta Fascina?
«Con Marta ho un ottimo rapporto. È una bella persona, ed è stata una compagna molto importante per mio padre. Gli è stata vicina nei momenti più brutti. E fino all'ultimo».
E quale sarà il futuro di villa San Martino, dove ci sono le ceneri di suo padre?
«Nostro padre amava la vita, la luce, il viavai delle persone. Villa San Martino deve rimanere così, viva: vogliamo che resti la sede di riunioni di lavoro, oltre che, naturalmente, il punto di incontro della nostra famiglia. È quello che lui avrebbe desiderato».
«Giorgia Meloni? Capace, coerente, concreta»
Veniamo a Forza Italia. Che futuro vede per il partito fondato da suo padre?
«Dovrà essere Forza Italia a deciderlo e a muoversi di conseguenza. Per quanto mi riguarda, sono convinta che l'Italia avrà sempre bisogno di una forza liberale, moderata, atlantista ed europeista come Forza Italia. Ora che Silvio Berlusconi non c'è più, spetta a Forza Italia andare avanti con le proprie gambe, seguendo le sue indicazioni e la rotta che aveva tracciato. Cosa farà la nostra famiglia? Tra tutte le creazioni di nostro padre, il partito era una di quelle cui teneva di più, quindi gli resteremo vicini. Lo faremo, però, sempre nel doveroso rispetto dei ruoli, che sono e restano profondamente distinti. Un conto è la politica, un altro le imprese».
Che rapporto ha con Giorgia Meloni?, chiedo a Marina. E cosa pensa del suo governo? Recentemente si è parlato di tensioni tra la sua famiglia e il primo ministro legate alla vicenda Giambruno...
«In questi giorni ho letto e sentito di tutto: retroscena inventati di sana pianta, ricostruzioni totalmente prive di senso logico e, spesso, anche contraddittorie. La verità è una sola: stimo molto Giorgia Meloni. La trovo capace, coerente, concreta. La apprezzo sul piano politico e la apprezzo molto anche come donna, ancor più in questi giorni. Quando mio padre è scomparso, ho sentito la sua vicinanza alla nostra famiglia, e di questo le sono grata. Per quanto riguarda il governo, ho condiviso varie scelte di palazzo Chigi, a cominciare dalla grande attenzione verso la politica estera in nome di sani e sacrosanti princìpi atlantisti ed europeisti: viviamo una fase drammatica, nella quale è la nostra stessa identità, liberale e democratica, a trovarsi sotto attacco. L'aggressione della Russia ai danni dell'Ucraina e i massacri in Medio Oriente ne sono la dimostrazione più evidente e più atroce. Relativamente alla politica economica, poi, apprezzo la cautela e il senso di responsabilità con cui questo esecutivo sta gestendo i conti pubblici. Indubbiamente ci sono state anche alcune mosse che mi sono piaciute di meno, e non l'ho nascosto. Ma va sempre considerato che il governo si è ritrovato a dover fronteggiare una situazione macroeconomica complicatissima, tra guerra e inflazione, oltre a dover rimediare ad alcune eredità del passato davvero indigeste. Penso, in particolare, ai vari bonus edilizi: facendo i calcoli, pesano sul nostro Paese per una cifra vicina all'importo dell'intero Pnrr».
Un'ultima domanda: chi è stato Silvio Berlusconi?
«Mi lasci usare un'immagine: Silvio Berlusconi è stato un quadro talmente immenso che non esistono cornici che possano contenerlo. Non esistono, cioè, parole per raccontarlo. Di certo è stato un papà meraviglioso; un imprenditore geniale e innovativo in qualsiasi campo si sia impegnato; un politico coraggioso e lungimirante, capace di grandi successi e di rimonte spettacolari dopo le sconfitte. Un uomo affamato di vita: per lui la cosa più importante è sempre stata amare ed essere amato.
In definitiva, è stato un uomo eccezionale, al quale oggi persino i principali avversari riconoscono doti eccezionali. Certo, come capita ai grandi uomini, è stato molto amato, ma anche molto avversato. A me ha insegnato il bello della vita. E ha lasciato ricordi dolcissimi, che conserverò per sempre con amore infinito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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