"Un processo che non doveva iniziare nato soltanto per ragioni politiche"

L'avvocato Maurizio Paniz: "La riforma Cartabia è solamente un piccolo passo"

"Un processo che non doveva iniziare nato soltanto per ragioni politiche"

È il giorno delle motivazioni del non luogo a procedere sul caso Gregoretti. L'avvocato Maurizio Paniz, che con Fi e il Pdl, ha vissuto in prima linea tante battaglie sulla giustizia non è affatto stupito per l'esito della vicenda.

Onorevole Paniz, cosa pensa delle parole del Gup?

«C'è stata una condivisione totale della linea difensiva di Salvini che ha sempre detto di aver operato nel pieno svolgimento dei suoi doveri. Il problema è a monte. È stata avanzata una accusa che non doveva essere mossa. Purtroppo ci troviamo di fronte a iniziative che appaiono più dettate da logiche politiche che dal rispetto del quadro normativo».

Per il Gup il modus operandi di Salvini era condiviso dal governo.

«Non credo fosse in discussione. Mi chiedo: cosa dovrebbe fare un ministro per difendere i confini del proprio Paese? Ma ci si rende conto che nel momento in cui non si agisce, si trasmette il messaggio di una assoluta libertà di accesso che ingolosisce tutti quelli che si trovano in difficoltà economica?».

C'è il rischio che queste iniziative giudiziarie possano influenzare l'azione dei ministri?

«Quando si subisce una iniziativa penale è chiaro che un ministro finisca per pensare: ma chi me lo fa fare? Bisogna avere coraggio e Salvini ha fatto straordinariamente bene, dimostrando di essere disposto a rispettare il mandato avuto dagli italiani. Non ho nulla contro il ministro Lamorgese, ma oggi manca un messaggio che disincentivi gli sbarchi».

Salvini a settembre andrà a processo per il caso Open Arms.

«È un paradosso, è impossibile trovare differenze giuridiche. Parliamo di iniziative che comportano oneri giganteschi e che qualche conseguenza dovrebbero averla. Mi chiedo: davvero la Procura non avrebbe altro su cui concentrare la propria azione?».

Come giudica la riforma della giustizia?

«Oggi non c'è una maggioranza che consenta di agire in profondità, si dà un colpo al cerchio e uno alla botte, la riforma Cartabia è un piccolo passo per riparare a qualche stortura della Bonafede. I referendum invece rappresentano il grido del popolo italiano che ha perso fiducia nella struttura della magistratura e chiede riforme. D'altra parte Palamara ha descritto un sistema che tutti gli addetti ai lavori conoscono perfettamente da 20 anni, da quando la politica ha rinunciato all'immunità e a ogni contrappeso costituzionale».

C'è qualche rimpianto per quanto non siete riusciti a fare durante la stagione di governo?

«Oggi si rivalutano molte iniziative bocciate solo perché provenivano dal governo Berlusconi, penso al divieto di impugnazione a fronte delle assoluzioni, alla legge Pecorella bocciata dalla Consulta sulla spinta emotiva.

Oggi il popolo italiano è pronto a recepire ciò che è stato bocciato. C'erano alcune esagerazioni, penso al processo breve senza norma transitoria che io stesso stoppai. Ma oggi la riforma Cartabia introduce il processo breve. I concetti di fondo, insomma, erano assolutamente corretti».

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