Dieci mesi dopo l'efferato assassinio di Giulia Cecchettin, si apre il processo all'ex fidanzato Filippo Turetta. Alla prima udienza alla Corte d'Assise di Venezia, composta da giudici popolari e presieduta dal togato Stefano Manduzio, il giovane non si è presentato. Il 22enne, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto d'armi e sequestro di persona, è rimasto nella sua cella del carcere veronese di Montorio. Una decisione che ha subito fatto scalpore ma che è stata smorzata sul nascere dal legale del reo confesso, Giovanni Caruso: «Verrà in aula. Ho suggerito io a Filippo di non presentarsi. Non è una mancanza di riguardo nei confronti della Corte o dei congiunti». Così il giorno uno del processo che infliggerà la pena a Turetta ha dato il via ad un fitto procedimento giudiziario, decidendo sulla costituzione delle parti civili dopo aver acquisito il fascicolo con le prove del pm e la lista dei testimoni.
Il collegio ha deciso che le uniche parti civili nel processo saranno i familiari di Giulia. Tutti esclusi - associazioni e i comuni di Fossò e di Vigonovo , insomma, come richiesto dalla difesa per evitare «una spettacolarizzazione che possa fare di Turetta il vessillo di una battaglia culturale contro la violenza di genere spiega l'avvocato Caruso -. Non riesco a comprendere quale tipo di pregiudizio possano aver avuto i due comuni in relazione a un esito tragico localizzato per motivi congiunturali, senza alcuna ratio». A chiedere di non fare del processo uno show è anche il procuratore capo di Venezia Bruno Cerchi: «Il processo serve ad accertare le responsabilità personali e non a fare i processi ai dati sociali - ha detto - questo non è il processo contro il femminicidio, ma nei confronti di un singolo soggetto che risponderà dei reati che gli sono stati contestati. Se si sposta questo quadro a obiettivi più alti si snatura il processo che non è uno studio sociologico che si fa in altre sedi».
Una cosa è certa: i giudici vogliono arrivare a sentenza entro la fine dell'anno. Esattamente il 3 dicembre: è quello il giorno in cui Turetta potrebbe essere condannato all'ergastolo. Ma il calendario sprint del processo lampo appare già ben scandito: il 22enne verrà ascoltato in aula il 25 e il 28 ottobre, mentre il 25 e 26 novembre ci saranno la discussione e le repliche. La scelta del processo «breve», senza richiesta di perizia psichiatrica per l'imputato, è legata, ha sottolineato Caruso, «al percorso di maturazione personale di Filippo del gravissimo delitto commesso» con possibilità in futuro, «non certo in tempi brevi perché siamo al primo grado» dell'avvio di un percorso riparativo per Turetta.
Ieri al palazzo di giustizia anche Gino Cecchettin il papà della ragazza uccisa con 75 coltellate quell'11 novembre. Volto scuro, una spilla con l'immagine della figlia e la scritta «Vola in alto Giulia - Noi con te». «Non sto sicuramente bene - ha detto -, ma non c'è giorno che io non pensi alla mia Giulia e a tutto quello che ho perso con lei - ha sostenuto -. Mi aspetto una pena giusta, ho piena fiducia». Nell'atto di costituzione a parte civile che il legale di papà Gino ha depositato è stato richiesto un risarcimento che supera il milione di euro.
Circa 800mila euro sono stati chiesti a risarcimento del danno «iure proprio», ossia il danno non patrimoniale subìto con l'assassinio di sua figlia (la sofferenza e il dolore provocati dalla perdita della persona cara); a questo si aggiungono circa 250mila euro a titolo di risarcimento per il danno che ha subìto Giulia e che viene trasmesso ai suoi eredi, in questo caso il genitore. Denaro che non cancella uno dei più clamorosi delitti della cronaca italiana negli ultimi anni.
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