Il processo su Maroni: condannato a un anno Si dimezzano le accuse

Si dimezza il castello delle accuse, e a restare in piedi è solo la più lieve delle imputazioni con le quali la Procura di Milano ha trascinato sul banco degli imputati Roberto Maroni

Il processo su Maroni: condannato a un anno Si dimezzano le accuse

Si dimezza il castello delle accuse, e a restare in piedi è solo la più lieve delle imputazioni con le quali la Procura di Milano ha trascinato sul banco degli imputati Roberto Maroni. L'ex ministro degli Interni ed ex presidente della Regione Lombardia è stato condannato questa mattina dal tribunale di Milano a un anno di carcere per il reato di turbativa di procedimento, per avere fatto assunto in una società della Regione la sua collaboratrice Mara Carluccio. Assoluzione con formula piena per il reato più grave, la corruzione per induzione, che in caso di condanna avrebbe precluso a Maroni il rientro ad una carica pubblica. Il famoso viaggio che Maria Grazia Paturzo, anche essa storica collaboratrice del governatore lombardo, avrebbe dovuto compiere a Tokio insieme a lui - in business class e albergo a cinque stelle - a spese di Expo non costituisce reato. Anche perché alla fine il viaggio non si fece.

Era una sentenza probabilmente inevitabile, dopo che un coimputato di Maroni - l'ex direttore generale di Expo Christian Malangone- era stato assolto dalle medesime accuse. Poiché la assoluzione di Malangone è ormai definitiva, non essendo stata impugnata dalla pubblica accusa, una condanna di Maroni avrebbe prodotto l'effetto paradossale di due sentenze con conclusioni opposte. Il pubblico ministero Eugenio Fusco, nel suo ultimo intervento prima della camera di consiglio,aveva invitato il tribunale a non farsi condizionare dalla sentenza precedente, e a condannare Maroni a due anni e sei mesi dichiarandolo colpevole di entrambi i reati. Ma i giudici non se la sono sentita.

La condanna per il secondo capo d'accusa verrà sicuramente impugnata dalla difesa di Maroni, ma per intanto consente alla Procura di uscire dal processo con una sorta di pareggio e non con una sconfitta piena: che sarebbe stata tanto più bruciante quanto pesante è stato il clima in aula durante le interminabili udienze in cui i legali dell'ex ministro hanno accusato ripetutamente la Procura di avere forzato i risultati dell'inchiesta e di avere compiuto incursioni non necessarie nella vita privata di Maroni, teorizzando esplicitamente un rapporto affettivo tra Maroni e la Paturzo.

Un processo che potrebbe avere avuto il suo peso (anche se mancano conferme da parte del diretto interessato) nella sofferta decisione di Maroni di non candidarsi ad un secondo mandato alla guida della Regione Lombardia. Nel dispositivo della sentenza, i giudici trasmettono gli atti alla Procura perchè indaghi per falsa testimonianza su alcuni testi sfilati in aula tra cui la ex portavoce di Maroni, Isabella Votino.

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