Processo in segreto contro San Suu Kyi. La Cina: "Non sapevamo del golpe"

L'udienza è durata un'ora, l'avvocato avvisato quando era finita. Nuovo capo di imputazione per la leader: rischia 6 anni

Processo in segreto contro San Suu Kyi. La Cina: "Non sapevamo del golpe"

Un nuovo capo di imputazione pesa sulla testa di Aung san Suu Kyi, la leader democratica arrestata il primo febbraio e spodestata con un golpe militare che le ha tolto il potere in Myanmar. Oltre all'accusa di avere importato illegalmente dei walkie-talkie, Suu Kyi è ora accusata di avere «violato la legge sulla gestione delle catastrofi naturali», per aver interagito con un gruppo di persone durante l'epidemia, ha spiegato il suo avvocato Khin Maung Zaw. Come se non bastasse, per entrambe le accuse, si è aperto ieri in segreto il processo ai suoi danni e contro l'ex presidente U Win Myint, deposto dopo il colpo di Stato, senza che nemmeno il difensore della leader ne fosse a conoscenza. L'avvocato non era stato avvertito dell'inizio del processo, che avrebbe dovuto cominciare lunedì, e quando è riuscito ad arrivare in tribunale l'udienza, durata meno di un'ora, era già conclusa. La leader simbolo della speranza democratica in Myanmar rischia fino a sei anni di carcere. Durissimo il premier inglese Boris Johnson: le nuove accuse «fabbricate dai militari birmani sono una chiara violazione dei suoi diritti umani».

Dove si trovi in questo momento San Suu Kyi è ancora un mistero. La premio Nobel (alla pace, 1991) è tenuta nascosta dalla giunta militare da oltre due settimane e ieri i militari hanno fatto sapere: è «in buona salute» e si trova ai domiciliari nella capitale amministrativa del Myanmar, Naypyidaw. Nonostante ciò, la giunta militare birmana nega che vi sia stato un golpe ed esorta la popolazione «a non farsi trascinare dalle emozioni». Nella prima conferenza stampa dopo la presa del potere, il portavoce dei militari, Zaw Min Tun, ha sostenuto che gli arresti sono stati necessari: «Per garantire la democrazia e la prosperità, la popolazione deve cooperare noi senza farsi trascinare dalle emozioni», ha affermato Zaw, assicurando che i militari intendono convocare elezioni e «faranno il possibile per evitare la violenza». Il portavoce ha tentato poi di minimizzare le sanzioni imposte da Washington, affermando che già in passato il Myanamar ha affrontato l'isolamento internazionale. «Noi vogliamo mantenere buone relazioni con l'Onu e tutti i paesi», ha aggiunto.

Da un Paese amico, la Cina, arriva la smentita sulla presunta conoscenza dell'azione dei militari prima del golpe. Pechino «sapeva da tempo» delle dispute interne al Myanmar rispetto ai risultati delle elezioni del novembre del 2020, ma «non è stata informata in anticipo» del colpo di Stato militare, ha detto l'ambasciatore cinese a Yangon, Chen Hai.

In tutto il paese continuano nel frattempo le manifestazioni di protesta contro il golpe e

l'arresto di Suu Kyi e di altri esponenti della Lega. Un gruppo di monaci buddhisti ha sfilato per le strade di Yangon fino agli uffici locali dell'Onu. Esponevano cartelli in inglese: «No alla dittatura militare», «No al golpe».

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