È la sera del 4 luglio 2022, l'archistar Stefano Boeri si prepara per la seduta che la mattina dopo deciderà il vincitore del più importante concorso aperto a Milano, l'appalto da otto milioni per progettare la nuova Biblioteca europea di cultura. Boeri è il presidente, designato dal sindaco di Milano Beppe Sala. È appena tornato dalla Sardegna ma si precipita a incontrare sotto casa sua uno dei concorrenti, il suo vecchio amico e collega Pier Paolo Tamburelli. L'indomani, la commissione di Boeri sceglie come vincitore il progetto sostenuto dall'amico incontrato la sera prima, e da altri professionisti legati a doppio filo a Boeri e al suo collega di commissione Cino Zucchi, altro nome glorioso della architettura milanese.
Ora quell'incauto incontro serale fa parte della messe di indizi in base alle quali la Procura di Milano vuole non solo portare Boeri e Zucchi sotto processo per turbativa d'asta ma chiuderli agli arresti domiciliari, insieme a Tamburelli, e sospendere dalla professione i firmatari del progetto vincente Angelo Lunati, Giancarlo Floridi e Manuela Fantini, oltre al terzo classificato Andrea Caputo. È una mossa inattesa, e che segna un nuovo step nel braccio di ferro tra la Procura e il Comune di Milano: perché l'inchiesta su Boeri chiama in causa - indirettamente ma pesantemente - anche la giunta di Beppe Sala, che piazzò Boeri alla guida della commissione e che lo difese immediatamente quando nel luglio 2022 due articoli del Giornale rivelarono l'intreccio di affari e interessi tra i vincitori del concorso e i due archistar protagonisti dell'assegnazione: «lo svolgimento del concorso Beic è avvenuto nel pieno rispetto del bando e delle normative». La Procura la pensa diversamente.
La richiesta di arresto, che lascia Boeri «sorpreso e turbato», è una mossa a sorpresa, perché arriva quando le indagini preliminari sono ormai finite, e ci si aspettava la richiesta di rinvio a giudizio. Ma l'arresto di Boeri, Zucchi e di altri cinque indagati è reso necessario, secondo la Procura, dal rischio sia dell'inquinamento delle prove che della commissione di altri reati. Se aspettasse il processo a piede libero, Boeri potrebbe condizionare le testimonianze «grazie alla posizione di assoluto rilievo nel campo dell'architettura con quanto ne consegue in termini di contatti, potere, capacità e possibilità di condizionamento e di influenza». E potrebbe commettere altri reati simili, visti i suoi «comportamenti progressivamente pianificati e realizzati con piena avvertenza e volontà».
Prima di decidere sull'arresto dei sette indagati, il giudice dovrà sentire le loro spiegazioni: e potrebbe ritenerle sufficienti per lasciarli in libertà, visto anche che ha già respinto la richiesta di sequestro preventivo di oltre cinque milioni di euro come «profitto del reato» avanzata dai pm. Sul tavolo, riepilogato nelle 39 pagine della richiesta, resta comunque il catalogo a volte sconcertante dei messaggi trovati dalla Guardia di finanza analizzando i computer sequestrati. Fa colpo l'«evviva, grazie!» inviato da Floridi a Zucchi subito dopo la proclamazione dei risultati.
Ma a pesare è soprattutto la ricostruzione dettagliata dei rapporti pregressi con i firmatari del progetto vincente: «Un rapporto specifico che sicuramente contraddistingue i partecipanti del team vincitore dai partecipanti degli altri 43 team: un rapporto che sicuramente appariva necessario segnalare alla stazione appaltante, in ragione dei doveri giuridici di trasparenza e comunicazione». Invece, dicono i pm, Boeri e Zucchi restarono al loro posto: e scelsero il vincitore sapendo bene che dietro la busta «anonima» c'era il progetto dei loro amici.
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