Il procuratore "bulldog" che non ama apparire e la giudice obamiana: "I presidenti non sono re"

Smith ha la fama di essere aggressivo, intransigente e indipendente, Chutkan ha già condannato gli insorti del 6 gennaio a pene molto severe

Il procuratore "bulldog" che non ama apparire e la giudice obamiana: "I presidenti non sono re"
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È stato il primo procuratore federale ad incriminare penalmente un ex presidente degli Stati Uniti. Jack Smith, che rappresenterà l'accusa nel processo contro Donald Trump, è solito usare metodi che gli hanno fatto guadagnare la fama di «bulldog». Aggressivo e «intransigente», come lo ha definito il New York Times, dovrà convincere la giudice federale Tanya Chutka che il tycoon cercò si sovvertire il voto del 2020.

La Chutka è l'altra toga del caso Trump, 61 anni, nata in Giamaica e nominata da Barak Obama quando era alla Casa Bianca. Un'altra dura, considerata il terrore degli insurrezionisti del 6 gennaio del 2021, undici dei quali sono stati condannati proprio da lei a pene più dure di quelle sollecitate dal Dipartimento di giustizia. Sentenze in cui aveva sottolineato la necessità di non farla passare liscia a chi aveva partecipato alla rivolta per sovvertire il governo. «Ci devono essere conseguenze», aveva ribadito, ritenendo la prigione un deterrente contro future rivolte dello stesso genere. È stata tra i primi giudici negli Stati Uniti a non riconoscere all'ex presidente i «privilegi dell'esecutivo», un principio che avrebbe permesso a Trump di schermare tutti i suoi atti, comprese le comunicazioni con il suo staff durante l'assedio al Campidoglio. In una sentenza del 9 novembre del 2021 la Chutka aveva stabilito che il Congresso aveva un «forte interesse pubblico» nell'ottenere dalla Casa Bianca i documenti per chiarire come venne alimentata la violenta reazione dei sostenitori dell'ex presidente. Respingendo la richiesta di Trump di impedire la consegna di alcuni documenti legati al suo mandato alla commissione di inchiesta della Camera sull'assalto al Congresso, la giudice federale disse: «I presidenti non sono re». Un osso duro, insomma, per il tycoon. Mai come il super procuratore federale diventato la bestia nera di Trump. Smith, 54 anni, laureato alla Harvard Law School, una carriera cominciata nel 1994 come assistente nell'ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan, è famoso per essere stato il terrore dei burocrati di Washington, l'uomo che si occupava di casi di corruzione di politici negli Stati Uniti e fuori dai confini, ma anche per aver ricoperto il delicato incarico di procuratore speciale presso l'Alta corte dell'Aja dove perseguiva i crimini di guerra. Non è estraneo ai casi ad alto rischio. Ha già incriminato due volte Trump: la prima volta a giugno per negligenza nella gestione dei documenti riservati che l'ex presidente ha portato dalla Casa Bianca nella sua villa in Florida; la seconda sul suo tentativo di sovvertire in Georgia nel 2020 il risultato elettorale delle presidenziali, in cui era stato sconfitto da Joe Biden. Per la terza incriminazione Smith ha auspicato un «processo rapido» contro il favorito per la nomination presidenziale repubblicana nelle presidenziali del 2024.

È un uomo molto atletico che afferma di aver completato oltre 100 gare di triathlon negli Stati Uniti e all'estero. Considerato capace di portare avanti casi di alto profilo in modo indipendente, Smith è un uomo silenzioso, che non ama i riflettori. Anche in questo caso ha scelto da subito il basso profilo. Non come Trump.

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