Prodi sacerdote dello statalismo

Purtroppo, in questo paese Romano Prodi non è una persona senza peso. Per anni è stato alla guida dell'Iri (che era il nostro primo gruppo industriale, e tutto pubblico), ma poi è stato alla testa dell'esecutivo italiano e pure della commissione europea

Prodi sacerdote dello statalismo

Purtroppo, in questo paese Romano Prodi non è una persona senza peso. Per anni è stato alla guida dell'Iri (che era il nostro primo gruppo industriale, e tutto pubblico), ma poi è stato alla testa dell'esecutivo italiano e pure della commissione europea. L'intervista che ha rilasciato al Corriere della Sera, quindi, non può essere ignorata, tanto più che il professore bolognese continua a tirare molti fili dell'alleanza giallorossa.

Di fronte allo sfacelo in cui già ci troviamo e che si acuirà sempre di più da qui a settembre, cosa suggerisce Prodi? La ricetta che viene avanzata è la solita di sempre, che ci ha portato entro questo disastro: Stato, ancora Stato, sempre più Stato. E c'è anche qualcosa di paradossale in ciò che questo grande vecchio della politica nazionale propone per evitare il collasso.

Dopo anni trascorsi ad arringare il popolo italiano esaltando l'Unione quale orizzonte ultimo, Prodi ha infatti invitato lo Stato italiano a entrare nelle imprese private per difenderle da attacchi «stranieri». Mentre ieri esaltava il melting-pot politico-economico amministrato da Bruxelles, ora sembra parlare come un sovranista qualunque, come un tecnocrate francese, come un nazionalista attardato a difendere l'identità tra confini ed economia.

In verità, il paradosso è solo apparente, dato che in fondo in Prodi come in molti altri europeismo e nazionalismo hanno il medesimo obiettivo: che è quello di favorire il potere dei boiardi pubblici. L'idea che lo Stato debba salvare le aziende private entrando nel loro capitale azionario, però, prefigura un orizzonte senza concorrenza e senza libertà, e neppure senza alcuna responsabilità e onestà.

Come ebbe a spiegarmi tre decenni fa uno dei protagonisti del boom economico del dopoguerra, Virgilio Floriani, le imprese miste hanno sempre avuto uno scopo tra gli altri: quello di pubblicizzare le perdite e privatizzare gli utili. Floriani aveva creato, dal nulla, un colosso come la Telettra, ma aveva anche dovuto fare i conti con concorrenti semipubblici, che ogni anno accumulavano perdite. Per quale motivo un privato metteva soldi in quelle imprese? La ragione era semplice: i capitalisti stavano nel consiglio d'amministrazione per ottenere consistenti benefici da un'azienda che poteva anche andare sempre peggio, se questo era funzionale ai loro personali interessi.

Il problema del nostro paese, allora, è lo statalismo: la tassazione, la burocrazia, la regolamentazione. Ma una delle conseguenze di tutto questo è anche il cambiamento di natura di larga parte delle imprese private, che troppo spesso trovano vantaggioso ottenere facili rendite grazie al settore pubblico invece che avere successo nel mercato concorrenziale.

Per giunta, le

parole di Prodi sembrano darci una sintesi del programma di governo della strana alleanza che dispone di noi: dato che è sempre più evidente che il governo Conte intende proprio somministrare veleno a un corpo già moribondo.

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