A tutti la prima dose, poi vaccini autoprodotti. Il centrodestra spinge il nuovo piano: "Ma servono 4-6 mesi"

Pronta la circolare del ministero su fasce d'età, scorte e tempi. Centrodestra in pressing. Salvini: "Coinvolgiamo le nostre aziende". Il ministro Giorgetti incontra i vertici di Farmindustria: "Giovedì presenteremo la lista delle aziende"

A tutti la prima dose, poi vaccini autoprodotti. Il centrodestra spinge il nuovo piano: "Ma servono 4-6 mesi"

Accelerazione della campagna vaccinale e autonomia per la produzione delle fiale. La ripresa dell'Italia è condizionata dal raggiungimento della agognata immunità di gregge. La strategia del governo di Mario Draghi dunque si muove su due binari.

Sui tempi brevi si deve tenere conto delle dosi a disposizione e dunque l'orientamento è quello di allargare al massimo la platea dei vaccinati, almeno con la prima dose di Astrazeneca. Lo conferma Gianni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, visto che il richiamo va fatto dopo tre mesi, dice Rezza «possiamo utilizzare tantissime dosi immediatamente su una porzione molto elevata di popolazione, somministrando una dose si ottene una buona efficacia protettiva e dopo, a distanza di 3 mesi, una protezione diretta ancora maggiore». È in arrivo una circolare del ministero, annuncia Rezza, per rendere più flessibile il piano vaccini.

A sostegno di questa scelta arriva lo studio messo a punto da tre atenei scozzesi che dimostrerebbe come già soltanto con la prima dose del vaccino di Oxford i casi gravi di Covid si riducono del 94 per cento: insomma anche se ci si contagia la malattia non richiederebbe ricovero.

La strategia sui tempi più lunghi punta all'autonomia: produzione dei vaccini in Italia. Anche nell'ottica dei prossimi anni visto che potrebbe essere necessario ripetere laprofilassi come accade per l'influenza.

Un punto sul quale insiste da giorni anche il leader della Lega, Matteo Salvini. È lo stesso Salvini ad annunciare che il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, incontrerà giovedì il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, per un primo confronto sulla possibilità di produrre in Italia i vaccini anti Covid. Nel confermare la disponibilità delle aziende Scaccabarozzi spiega però che i tempi non saranno brevissimi.

«Noi spiegheremo come si produce un vaccino e quali sono i tempi. Adesso stiamo facendo una ricognizione tra le aziende a noi associate per vedere chi ha le macchine adatte, i bioreattori, per partecipare eventualmente alla produzione», spiega il presidente di Farmindustria che sottolinea la complessità della produzione di un vaccino. Si tratta, puntualizza, di «un prodotto vivo, non di sintesi, va trattato in maniera particolare. Il vaccino deve avere una bioreazione dentro una macchina che si chiama bioreattore». Scaccabarozzi quindi calcola tempi lunghi: «non è che si schiaccia un bottone ed esce la fiala, da quando si inizia la produzione passano 4-6 mesi».

Si potrebbe però subito mettere a disposizione il know how delle aziende italiane ad esempio per la fase dell'infialmento dei vaccini. «Dalla ricognizione che faremo, speriamo di avere dei nomi da condividere con il ministro- conclude Scaccabarozzi- Poi bisognerà aspettare le autorizzazioni degli enti regolatori dei paesi in cui andranno i vaccini prodotti da questi stabilimenti».

Anche Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, sollecita la velocizzazione della profilassi. «Occorre vaccinare 24 ore su 24. - dice la Ronzulli- Bene quindi l'impiego dei medici di base, ma per riuscire a effettuare almeno 300 mila vaccinazioni al giorno, così da immunizzare il Paese entro l'inizio dell'estate, bisogna somministrare i vaccini ovunque sia possibile».

E se è vero che ci sono ritardi e slittamenti nella consegna delle dosi è pure vero che i problemi organizzativi in alcune regioni e l'incertezza sulle fasce d'età alle quali destinare Astrazeneca hanno provocato rallentamenti nella somministrazione di dosi che sono comunque state consegnate. I dati del 21 febbraio rivelano che l'83,4 per cento delle fiale di Astrazeneca consegnate alle regioni, più di mezzo milione, erano ancora ferme.

Anche Guido Rasi, docente di Microbiologia all'Università di Roma Tor Vergata, ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema, chiede di usare tutte le dosi di vaccino a disposizione subito. «Prima dose di vaccino AstraZeneca a tutti, senza limiti», dice Rasi che dunque sostiene quella che è stata la scelta operata dal Regno Unito che ha già somministrato la prima dose al 25,4 per cento della popolazione. L'Italia è ferma al 3,5 anche perché fino ad ora è stata data la priorità al mantenimento delle scorte. Infatti la percentuale sulla popolazione che in Italia ha già ricevuto il richiamo è il 2,2 per cento mentre in Inghilterra è ferma allo 0,9.

Scelta giusta almeno secondo la ricerca condotta dalle Università di Edimburgo, Glasgow, Strathclyde, Aberdeen e St' Andrew. Nel confronto tra le persone vaccinate e quelle che non lo sono ancora si evidenzia in un calo del 94% dei ricoveri in ospedale fra chi ha ricevuto una dose di AstraZeneca e dell'85 fra chi ha avuto Pfizer.

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