La prova: il reddito di cittadinanza è un flop

Nella città di Livorno, a guida grillina, non bastano i soldi. E a livello nazionale sarebbe ancora peggio

La prova: il reddito di cittadinanza è un flop

Da gente che delira ogni giorno su scie chimiche, pomodori antigelo, microchip sottocutanei, l'Aids che non esiste e le sirene invece sì, il falso sbarco sulla luna, il complotto dei frigoriferi a Roma, lo smog che uccide più della peste, non c'era certo da aspettarsi tanto di meglio. Il reddito di cittadinanza è stato uno dei motori principali, se non il più potente, della crescita del consenso elettorale dei grillini, da parte dei parassiti che preferiscono prendersi un po' di soldi senza cercarsi un lavoro, stando a casa a far niente campando sulle spalle dello Stato. E ciò si è visto dalle migliaia di grottesche richieste ai Caf del Sud, subito dopo il risultato del M5s il 4 marzo. Peccato che la proposta demenziale e puramente demagogica partorita dalle menti dei parlamentari M5s, sia semplicemente insostenibile, come più volte ripetuto da molti economisti. Le cifre ballano di centinaia di euro al mese, i progetti collaterali dalla formazione all'inserimento lavorativo rimangono vaghi e fumosi e le coperture sono solo pura fantasia.

Come prova che il reddito di cittadinanza sarebbe un fallimento nazionale, c'è ora un caso di studio locale: è la bella Livorno, dove il Comune grillino del sindaco Filippo Nogarin continua a sbagliare tutto. Nella città labronica il reddito di cittadinanza è una realtà già da due anni. Nogarin l'ha varato nel 2016, stanziando 300mila euro (a fronte però di 290mila euro di tagli al capitolo sociale del bilancio del capoluogo: una coincidenza non casuale) per garantire 500 euro al mese per 6 mesi a 100 nuclei familiari in difficoltà. L'anno dopo le risorse aumentano a quota 400mila euro, si triplica la platea dei beneficiari (348) i quali si vedono il loro assegno decisamente ridotto: da 80 ad un massimo di 220 euro, a seconda dei casi.

Eppure il grande statista Luigi Di Maio e tutto il movimento al gran completo, hanno sempre propagandato via social e via blog il reddito di cittadinanza alla livornese, come un esempio virtuoso delle capacità amministrative a cinque stelle e della possibilità di estenderlo a livello nazionale, richiamando la scelta «pionieristica nella lotta alla povertà» di cui parlava Nogarin. Lo stesso che oggi deve fare i conti con stanziamenti insufficienti e conti sbagliati. Per il 2018 raggranellare le risorse necessarie sarà praticamente impossibile. Ad oggi, infatti, sono disponibili solo 200mila euro (metà del fabbisogno del 2017), che servirà a fatica ad erogare 200 euro a testa per 170 cittadini. Un'elemosina.

A livello nazionale sarebbe ancora peggio. Il reddito di cittadinanza a geometria variabile (da 780 euro mensili per i single a 1.950 per famiglie con due figli che hanno più di 14 anni) costerebbe 17 miliardi. Nel magico mondo di Di Maio ad ogni disoccupato verrebbero offerti tre posti di lavoro, pena la decadenza del reddito di cittadinanza se li rifiutasse tutti.

I disoccupati in Italia sono 2,8 milioni (dato Istat 2017), significa che Di Maio promette 2,8 milioni di posti di lavoro, e garantirà quasi 9 milioni di offerte di lavoro. Se non è pronto a fare il premier lui chi altri?

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