Nel libro confessione «Il sistema» scritto con Alessandro Sallusti, l'ex magistrato Luca Palamara, capo della politica giudiziaria negli anni dell'antiberlusconismo, svela come le toghe si mossero in costante contatto con il Quirinale fin dal 2008, anno in cui il centrodestra stravince le elezioni. «L'8 maggio 2008 si insedia il quarto governo Berlusconi- racconta Palamara e a svolta non ci trova pronti, la giunta Anm centrista monocolore di cui in quel momento ero segretario era troppo debole per affrontare la guerra che ci aspettava. Ne ero pienamente consapevole, e siccome l'esito elettorale la vittoria del centrodestra era nell'aria, le trattative per rafforzarla iniziarono ben prima del voto. Il mio maestro Marcello Matera mi fa capire che è necessario allargare velocemente la giunta alle correnti di sinistra, in primis Magistratura democratica. A chiederlo sono sia la sinistra politica sia quella giudiziaria. E lo chiedono a gran voce le procure più importanti a partire da quella di Milano guidata da Bruti Liberati, storico leader associativo che temono di rimanere senza scudo protettivo. Si fanno incontri sia con il Pd sia con Loris D'Ambrosio, consigliere giuridico del presidente Napolitano: se Berlusconi è tornato anche noi dobbiamo tornare in campo. Bisogna agire in fretta, e soprattutto bisogna fare posto in giunta a Magistratura democratica, che pretende e ottiene la poltrona di segretario generale».
Da lì in poi fu un assalto giudiziario al Cavaliere e ai suoi uomini, Palamara è a capo di quel sistema.
Chiede Sallusti: «Una cosa è difendere i magistrati che indagano su un esponente politico avverso a buona parte della categoria, un'altra essere testimoni, attivi o passivi me lo dirà lei, di un governo che tra mille polemiche e in un momento di grande tensione economico-finanziaria sta per essere accompagnato alla porta. Lei che ruolo gioca in quei mesi del 2011 in cui si prepara l'assalto finale a Berlusconi?».
Risponde Palamara: «Nella decisiva estate del 2011 mi era capitato di avere colloqui diretti con il presidente Napolitano, a volte bypassando anche il protocollo. Il presidente voleva capire da me come l'Anm intendeva muoversi su quel delicato e incandescente scacchiere di fine anno. I primi di novembre mi chiama Loris D'Ambrosio siamo nei giorni della piena emergenza economica per lo spread alle stelle per dirmi che era opportuno fare una chiacchierata di persona con il presidente e di portare pure Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e uno dei leader della sinistra giudiziaria. Il governo Berlusconi era sotto bersaglio da più parti e nel colloquio avemmo una sorta di anticipazione implicita che presto sarebbe finita un'epoca, un ciclo. All'uscita dal Quirinale mi ricordo perfettamente la frase di Cascini: Ti rendi conto, ci ha fatto capire che per Berlusconi è finita. Missione compiuta, abbiamo portato a casa la pelle, la città è salva, anche il nostro compito è finito».
Sallusti incalza: sia più preciso, che cosa vi siete detti lei e Napolitano? «Parliamo di un momento delicatissimo risponde Palamara - in cui c'era un governo in difficoltà, ma pur sempre in carica. Diciamo che è stato un po' il resoconto della nostra attività, che il Quirinale aveva costantemente, anche tramite Loris D'Ambrosio, seguito da vicino e condiviso. È pacifico che tutte le iniziative e le posizioni assunte dall'Anm di quegli anni erano sostenute dal presidente della Repubblica. La mia percezione fu che questo incontro, diciamo così, suggellasse il lavoro svolto in una fase specifica.
Per capirci, nessuno disse esplicitamente: Abbiamo mandato via Berlusconi, ma il senso del discorso portava a quella conclusione. Qualche giorno dopo, il 16 novembre, Berlusconi sale al Colle per dimettersi e inizia la stagione di Mario Monti».
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