«Ecco lì quella...», sbotta in Transatlantico un parlamentare di Ap puntando il dito verso il monitor di fronte all’ingresso della buvette della Camera. Sono da poco passate le due del pomeriggio e sullo schermo campeggia l’immagine del ministro degli Esteri Angelino Alfano che sta riferendo in aula sulla crisi in Venezuela. L’epiteto che segue è assolutamente irripetibile e raccoglie l’assenso di un altro collega centrista prima che i due, insieme, spariscano velocemente nel corridoio che porta agli ascensori.
Un episodio, certo. Che magari trova la sua ragion d’essere non solo nella tensione degli ultimi giorni ma anche in alcune divergenze degli anni passati. Comunque stiano le cose, quel che è certo è che in queste ore Alternativa popolare è una polveriera che rischia di esplodere da un momento all’altro. Le grandi manovre al centro, infatti, sono ormai iniziate. E con la finestra elettorale di settembre che si va tecnicamente a chiudere - politicamente è sbarrata da mesi - si avvicina il giorno del definitivo rompete le righe. Il punto è che sulla exit strategy da Ap - un partito che per quanto abbia archiviato il vecchio nome di Ncd rappresenta comunque il sodalizio tra il centro di Alfano e il Pd di Matteo Renzi - non tutti la vedono nello stesso modo. C’è chi vorrebbe far subito le valigie (vedi il ministro degli Affari regionali Enrico Costa) e chi preferirebbe aspettare dopo l’estate, anche per ragionare avendo le idee più chiare sulla legge elettorale e sugli equilibri tra Forza Italia e Lega visto che al momento i rapporti tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sono sostanzialmente pari a zero. E in questo secondo gruppetto c’è una pattuglia piuttosto folta, capitanata da Maurizio Lupi. Non a caso, proprio ieri il capogruppo di Ap a Montecitorio si è detto convinto che sia arrivato «il tempo di fare il Ppe italiano con Fi e Udc».
Chi domani, chi fra qualche mese, dentro Ap sono dunque tutti in partenza. Tutti tranne uno. Almeno ad oggi, infatti, resta un deciso veto su Alfano che, non a caso, da qualche giorno è - per usare un eufemismo - piuttosto agitato. In privato, per dire, non ha lesinato critiche a Costa, definendolo un «ingrato». «E io che mi sono pure speso per farlo diventare ministro», sarebbe arrivato a dire. E così su altri esponenti di Ap che in questi giorni si stanno guardando intorno tra incontri riservati e telefonate carbonare. D’altra parte, chi di loro ha avuto occasione di parlare con Berlusconi negli ultimi giorni ha avuto la conferma che l’ex premier di Alfano non ne vuole proprio sapere. E se un mesetto fa il leader di Forza Italia si era mostrato disponibile su un’eventuale candidatura del ministro degli Esteri alla presidenza della regione Sicilia, pare che nelle ultime settimane si sia chiusa anche questa possibilità e non solo perché Alfano non avrebbe l’appoggio di Fratelli d’Italia e Lega ma anche per le solite beghe tra siciliani. Anche di questo hanno parlato qualche giorno fa il leader di Ap e il commissario regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché durante un incontro ad Agrigento cui ha preso parte l’ex ministro Saverio Romano.
La fuga da Ap, insomma, si sta trasformando in una fuga da Alfano, ormai diventato una sorta di Re Mida al contrario. Al punto che pure Renzi - di cui Angelino è stato ministro degli Interni per mille e passa giorni - gli ha sbattuto la porta in faccia, escludendo categoricamente di potergli trovare un posto in lista. Di qui la decisione di uscire allo scoperto ieri mettendo nero su bianco in un’intervista alla Stampa che «la collaborazione con il Pd si è ormai conclusa». Non una scelta libera, ma una strada obbligata dal niet di Renzi.
Un Alfano, dunque, sempre più solo. Tanto che anche chi con il ministro degli Esteri conserva un rapporto di affetto e cordialità è costretto, suo malgrado, a ragionare su un distacco che viene considerato inevitabile se si vuole avere la speranza di essere ricandidati.
In un contenitore centrista che riesca ad essere politicamente ed elettoralmente autosufficiente o, comunque, in un movimento che finisca con l’allearsi con Forza Italia o addirittura confluirci dentro. Scenari al momento non prevedibili, visto che tutto dipenderà da quale sarà la legge elettorale con cui si andrà a votare. Quel che è quasi certo è che Alfano farà fatica ad essere della partita- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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