Continua lo scontro sul caso del generale Roberto Vannacci. L'opposizione attacca e un pezzo della destra prende le distanze dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha subito sollecitato l'apertura di un procedimento disciplinare a carico del militare. Ma la vicenda diventa subito anche questione giuridica, fra codici, precedenti e giurisprudenza.
Ieri l'Esercito ha ufficializzato l'avvicendamento del generale al comando dell'Istituto Geografico militare di Firenze e l'apertura di un'inchiesta interna per le frasi contenute nel suo libro «Il mondo al contrario», accusato di razzismo e omofobia. Un provvedimento di natura amministrativa, necessario «per tutelare sia l'Esercito sia il generale, sovraesposto mediaticamente dalla vicenda legata al suo libro», viene spiegato. Un ruolo evidentemente compromesso: «Va considerato che al comandante dell'Istituto geografico militare è anche attribuita la responsabilità territoriale e la gestione dei rapporti tra Esercito, autorità e istituzioni locali», si sottolinea. L'inchiesta interna poi è un «atto dovuto ai sensi degli articoli 552 e 553 del Testo Unico dell'Ordinamento militare», precisano dall'esercito. Il procedimento disciplinare a carico dell'ex comandante della Folgore era già stato preannunciato dai vertici delle forze armate e ieri in un'intervista al Corriere, Crosetto ha lasciato intendere che gli stessi vertici avrebbero «preteso più durezza», con una censura più grave rispetto alla decisione di rimuoverlo dall'incarico.
Al contrario il ministro invece ha ammesso che avrebbe preferito attendere «di aver vagliato tutte le informazioni» necessarie. Comunque ora sarà l'inchiesta interna a chiarire come e se sia stata autorizzata la pubblicazione del testo, e se con le sue affermazioni Vannacci abbia leso la reputazione dell'istituzione che rappresenta. Ma c'è già chi sventola sentenze e pronunce per «scagionare» Vannacci dalla bufera che lo ha travolto e tutelarne la posizione all'interno dell'Esercito.
Il generale non è stato destituito ma «solo» avvicendato in attesa degli esiti del procedimento. Tutto ruota attorno all'articolo 1472 del codice di ordinamento militare - che tutela la libertà di espressione dei militari - e al 1465, che invece limita l'esercizio di alcuni diritti e li vincola all'osservanza dei principi costituzionali. I difensori del generale sventolano in queste ora una sentenza del Consiglio di Stato di giugno, in base alla quale le asserzioni che vadano a minare la fiducia nell'istituzione che i militari rappresentano possono essere punibili in via disciplinare, ma per incorrere in sanzioni più gravi come l'espulsione devono essere fortemente lesive per l'amministrazione o l'ordine costituzionale.
Si tratta però di un caso che origina da in procedimento penale. Carlo C., un maresciallo degli Alpini a Cuneo punito con la «perdita del grado per rimozione» dopo avere lanciato, da simil-sindacalista, una campagna per denunciare la piaga dei suicidi fra le divise: il Tar del Piemonte ha riabilitato il sottufficiale e il Consiglio di Stato ha confermato la decisione. Per il Tar le affermazioni dell'alpino non riguardavano «argomenti di servizio», non avevano bisogno di «trovare sviluppo nella catena gerarchica» e, in definitiva, rientravano nel «diritto di manifestazione del pensiero». Il Consiglio di Stato ha precisato però che è lecito imporre «limiti più stringenti» rispetto ai cittadini comuni.
Al generale rimosso da ieri è subentrato il suo superiore diretto, il generale di divisione Massimo Panizzi.
Vannacci, intervistato ieri dal Tg1, ha detto di non escludere la politica quale esperienza futura. «Nel momento in cui dovrò sentirlo sarò disponibile a spiegare nei modi opportuni la mia versione dei fatti», ha poi fatto presente, rispetto al momento in cui si confronterà con il ministro Crosetto.
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