Putin abbraccia gli ayatollah. "Droni e asse anti Occidente". Erdogan e il bluff sul grano

Ai tempi di George W. Bush si parlava semplicemente di Stati canaglia: quelli che scatenavano guerre d'aggressione, che alimentavano il terrorismo internazionale, che reprimevano i loro stessi popoli con largo uso di violenza poliziesca

Putin abbraccia gli ayatollah. "Droni e asse anti Occidente". Erdogan e il bluff sul grano

Ai tempi di George W. Bush si parlava semplicemente di Stati canaglia: quelli che scatenavano guerre d'aggressione, che alimentavano il terrorismo internazionale, che reprimevano i loro stessi popoli con largo uso di violenza poliziesca. L'America «poliziotto del mondo» li minacciava, li strangolava con le sanzioni economiche, non di rado li attaccava militarmente. Vent'anni dopo, l'America è più debole e il mondo molto più complesso: quegli Stati oggi si alleano tra loro, progettano nuovi ordini internazionali, e trovano perfino ascolto presso i più spregiudicati membri del «mondo libero».

Un capitolo importante di questa nuova e inquietante realtà è andato in scena ieri a Teheran: nella capitale iraniana si sono incontrati Vladimir Putin, presidente-dittatore della Russia che ha aggredito brutalmente l'Ucraina, e Recep Tayyip Erdogan, l'ambiguo autocrate della Turchia che è al tempo stesso membro della Nato e ambizioso attore regionale con più di un legame con Mosca. Ospiti di quella Repubblica islamica dell'Iran che della dicitura di Stato canaglia è il più perfetto emblema, e che cerca avvicinandosi a Putin di sfuggire insieme con lui a un meritato isolamento internazionale.

Putin ha incontrato prima separatamente e poi insieme Erdogan e il presidente iraniano Ebrahim Raisi: sul tavolo un'agenda complessa con in testa l'espansione della cooperazione tra Russia e Iran «per rafforzare sic la sicurezza internazionale» (leggasi: la loro), la mediazione offerta da Ankara (dopo il flop di quella per il conflitto ucraino che al momento a Putin non interessa perché intende proseguire la sua guerra) per la delicata questione dell'export del grano ucraino: qui la realtà sembra scontrarsi con la continua ripetizione da parte dei due leader (è accaduto anche ieri) di generiche affermazioni ottimistiche su una prossima intesa che fanno comodo sia a Erdogan che a Putin, mentre Kiev vede sempre bloccati dai russi i suoi porti sul Mar Nero e riesce a esportare per altre vie sì e no la metà della sua enorme produzione di cereali.

Eppure, gli incontri di Teheran sono davvero importanti. Soprattutto perché in Iran Putin dopo il parziale insuccesso della missione di Joe Biden - si è giocato carte forti per contrastare l'egemonia americana in Medio Oriente e non solo. Anzitutto, un concretissimo investimento russo da 40 miliardi di dollari nell'industria iraniana del petrolio, il maggiore da parte di un Paese straniero nella storia dell'Iran. Tra gli obiettivi principali, ha ricordato ieri il leader supremo iraniano ayatollah Ali Khamenei, c'è poi la graduale eliminazione del dollaro Usa come moneta cardine del commercio mondiale, obiettivo condiviso con la Cina. Sul piano militare, una fornitura di droni iraniani per rimpolpare l'arsenale russo da scatenare in Ucraina, sebbene l'ayatollah Khamenei esprima un ipocrita dolore per le vittime civili dell'aggressione russa che giustifica come atto preventivo di una fantomatica guerra che l'Occidente intendeva a suo dire lanciare in Ucraina. Un Occidente contro cui bisogna vigilare insieme, ha detto Khamenei a Putin.

Il bizzarro incrocio tra droni iraniani forniti alla Russia e droni turchi ceduti all'Ucraina è però il simbolo plastico di come certe intese rimangano a dir poco faticose e incomplete, dettate come sono da stati di necessità più che da vere condivisioni strategiche.

Putin ed Erdogan ne hanno certamente parlato a Teheran, ma come tema secondario rispetto alla contorta questione curda in Siria, che li vede più che mai divisi, e in cui pure l'Iran si inserisce con i suoi propri incompatibili obiettivi.

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