Putin celebra la Marina e "lancia" i missili Tsirkon. Ma il dominio è americano

La verità fa male. Il primo a saperlo è Vladimir Putin protagonista ieri a San Pietroburgo di una festa della marina militare russa che stenta, nonostante fanfare e celebrazioni, a nascondere problemi e difficoltà

Putin celebra la Marina e "lancia" i missili Tsirkon. Ma il dominio è americano

La verità fa male. Il primo a saperlo è Vladimir Putin protagonista ieri a San Pietroburgo di una festa della marina militare russa che stenta, nonostante fanfare e celebrazioni, a nascondere problemi e difficoltà. Problemi resi evidenti sia dall'affondamento, ad aprile, dell'incrociatore Movska, sia dall'incursione, ieri, nel porto di Sebastopoli, cuore delle operazioni nel Mar Nero, di un drone ucraino. Aldilà delle batoste contingenti quel che più preoccupa il Cremlino è, però l'incapacità dei propri cantieri di stare al passo con quelli occidentali sul fronte produttivo e tecnologico.

Le statistiche parlano chiaro. Nel 2020 la marina militare russa aveva ricevuto soltanto un terzo delle fregate e un quinto delle corvette previste dei programmi di riarmo per il periodo 2011-2020. Dietro quei ritardi non vi sono soltanto le disfunzioni generate, dopo il 2014, dalle sanzioni sui prodotti tecnologici, ma anche i problemi strutturali di cantieri e stabilimenti navali costretti a lavorare con tecnologie e macchinari ereditati dall'industria sovietica. Così a differenza di sessant'anni fa quando l'Unione Sovietica si misurava con Nato dal Baltico al Pacifico e dall'Atlantico al Mediterraneo la flotta russa fatica oggi a mantenere una presenza costante sui vari quadranti marittimi. Rischia, insomma, di ridursi a forza «litoranea» capace soltanto di difendere le proprie coste. E per quanto questa resti un'impresa non da poco, visti i 37.650 chilometri di coste estese dal Mar del Giappone al Mar Bianco, il timore di un impareggiabile divario con la flotta statunitense si fa sempre più pressante. Non a caso la nuova dottrina strategica, firmata ieri dal presidente russo, parte dalla constatazione che «le principali sfide e minacce alla sicurezza nazionale e allo sviluppo sostenibile della Federazione Russa legate all'oceano mondiale sono la rotta strategica degli Stati Uniti verso il dominio dell'oceano mondiale e la loro influenza globale sui processi internazionali, compresi quelli relativi all'uso delle vie di trasporto e delle risorse energetiche dell'oceano mondiale». Come dire, se non ci diamo una mossa il divario diventerà insuperabile. Anche perché l'entrata nella Nato di Finlandia e Svezia garantisce alle flotte occidentali la penetrazione nel mar di Barents e nel Mar di Kara. Quei due mari, ghiacciati per larga parte dell'anno, sono fondamentali non solo per le strategie di sfruttamento e conquista dell'Artico, annunciate sin dal primo decennio del 2000, ma anche per la difesa delle basi dei sommergibili nucleari al centro, fin dalla guerra fredda, delle strategie navali.

Ma i sottomarini russi - pur restando le unità navali più in linea con quelle occidentali - sono ben lontani dal garantire un'equipollenza strategica. Anche per questo la principale promessa rivolta ieri da Putin ai propri ammiragli è la fornitura, nel giro di settimane, dei Tsirkon, i potenti missili da crociera ipersonici capaci di volare a nove volte la velocità del suono neutralizzando, senza venir intercettati, portaerei, incrociatori e cacciatorpedinieri nemici. «La fregata Ammiraglio Gorshkov - ha detto ieri Putin - sarà il primo vettore di missili ipersonici Tsirkon». Ma anche questa promessa è indicativa delle difficoltà affrontate sul fronte marittimo. Pur permettendo la distruzione di unità nemiche a grande distanza i missili Tsirkon sono ben lontani dal regalare quella capacità di proiezione strategica garantita soltanto dal mantenimento di nutrite squadre navali a grande distanza dalle proprie coste. Un limite strategico reso più stringente, nel caso russo, dalla mancanza di portaerei capaci di spostare vere e proprie flotte aeree ai quattro angoli del pianeta.

L'Ammiraglio Kuznetsov, l'unica vera portaerei russa in attività, è un po' l'emblema di queste difficoltà.

Varata 31 anni fa ed impiegata brevemente nel conflitto siriano durante il 2017 la Kuznetsov appare oggi ben più vecchia delle sue coetanee occidentali. Non a caso il programma di ammodernamento, lanciato nel 2018, ma a oggi ancora lontano dall'esser completato, l'ha trasformata in un invisibile fantasma dei mari.

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