Putin (in ginocchio) da Xi. Anti-Usa da Kiev a Gaza

Incontro tra i due leader dell'asse contro gli Stati Uniti. Cremlino sempre più subalterno a Pechino

Putin (in ginocchio) da Xi. Anti-Usa da Kiev a Gaza
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L'incontro di Vladimir Putin con Xi Jinping era l'atteso piatto forte del Forum di Pechino dedicato al decennale della «nuova Via della Seta» e le previsioni sono state confermate. I due «cari amici» - come amano definirsi pubblicamente, a sottolineare il rapporto stretto che lega la coppia dei principali autocrati sulla scena internazionale hanno sottolineato il rilievo crescente dell'aspetto economico della relazione russo-cinese, ma l'accento è caduto soprattutto sul comune disegno politico, che rimane quello dichiarato di lavorare insieme per costruire un nuovo ordine mondiale che sovverta l'attuale egemonia occidentale a guida americana.

Su entrambi i piani emerge evidente la subalternità della Russia alla Cina, in quella che solo in apparenza è una partnership paritaria. Putin ha esaltato l'avvicinamento alla quota record di un interscambio commerciale da 200 miliardi di dollari nel 2022, ma è importante osservare che oggi Pechino importa un terzo del petrolio che Mosca riesce ancora a esportare dopo lo stop occidentale agli acquisti di greggio siberiano in conseguenza dell'aggressione russa all'Ucraina, e che questo è solo il dato più evidente della crescente dipendenza di Mosca da Pechino. E Putin ha un bel dire come ha fatto ieri che «le sfide comuni rafforzano la nostra cooperazione»: di fatto, è lui il junior partner allineato a un ben più potente alleato.

Xi, ieri, lo ha fatto capire chiaramente quando ha detto di aspettarsi da Putin - che a Pechino lo ha incontrato addirittura per la quarantaduesima volta da quando ha preso la guida della Cina nel 2013 - «un più stretto coordinamento strategico per salvaguardare l'equità internazionale e la giustizia». Nel linguaggio stereotipato del partito comunista cinese, ciò si traduce nella pretesa dell'allineamento del Cremlino al disegno di un nuovo ordine mondiale che (al di là degli slogan della propaganda di Pechino) scardini gli attuali blocchi e veda il cosiddetto Sud del mondo accettare «nel suo interesse» un'ineguale leadership globale russo-cinese di stampo dirigista-autocratico, allontanandosi dall'Occidente liberale.

Tornando alle «sfide comuni», Putin ha precisato che nei suoi lunghi colloqui con Xi si è parlato dei conflitti aperti in Ucraina e in Medio Oriente. Riguardo al primo, con toni stizziti, ha criticato l'uso di missili americani a lunga gittata da parte delle forze ucraine (che due giorni fa hanno colpito una base militare russa situata 80 km oltre il fronte Sud dell'Ucraina occupata), dicendosi certo che non cambieranno l'esito del conflitto ma potranno solo «prolungare un'agonia»: nelle stesse ore il suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov era a Pyongyang a lustrare gli stivali del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, che con le sue forniture di armi gli permette di continuare ad assalire l'Ucraina.

Quanto a Israele, il leader russo ha avuto la sfacciataggine di definire la strage all'ospedale di Gaza «una catastrofe umanitaria»: evidentemente ritiene che il mondo non ricordi il massacro compiuto dai russi nel reparto maternità dell'ospedale della città ucraina di Mariupol, distrutta e poi annessa nel disprezzo delle leggi internazionali.

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