Quando i papà sono il sesso debole

La dittatura del femminismo

Quando i papà sono il sesso debole

Ora che il 19 marzo è passato e abbiamo spedito cuoricini via sms ai nostri papà, una cosa possiamo dircela: la paternità non è affatto una festa. Al giorno d'oggi è un autentico campo minato, un terreno accidentato dove la donna, con il suo sottaciuto potere, spadroneggia. Ammetterlo costa fatica giacchè viviamo sotto la dittatura del politicamente corretto a pois rosa: per definizione la donna è vittima e l'uomo carnefice. Guai a sfidare il teorema. Eppure in tema di paternità sono le donne il sesso forte, fortissimo. Nessuna persona ragionevole imporrebbe a una donna una maternità forzata, non nel nostro Paese. Abbiamo lottato e difendiamo la legge che ha posto fine al dramma delle mammane e dei cucchiai d'oro per consentire alle donne di autodeterminare la propria vita procreativa, di decidere se e quando diventare madri. Ma se riconosciamo alla donna il diritto di dire no a una gravidanza indesiderata, perchè non dovremmo riconoscere la stessa possibilità all'uomo? Un paio di anni fa l'avvocato e femminista francese Mary Plard ha pubblicato un libro dal titolo Paternités imposées , un mosaico di storie di padri «loro malgrado», uomini obbligati per legge al test del dna e a farsi carico di un legame genitoriale che non avevano né voluto né cercato. Storie di dolore maschile in cui la donna esercita un potere assoluto su una questione cruciale come quella di mettere al mondo una vita. La donna comanda già prima del concepimento quando rassicura l'uomo sui giorni di infertilità in base al ciclo mestruale oppure garantisce al malcapitato la copertura della pillola contraccettiva (che magari da qualche tempo ha smesso di trangugiare perchè l'«orologio biologico» chiama). Se invece l'incidente avviene durante l'atto sessuale perchè il preservativo fa crack, è sempre la donna che decide se assumere o meno un contraccettivo d'emergenza come la pillola del giorno dopo. Insomma la palla resta saldamente nelle mani di lei. Quanti matrimoni sono nati da una gravidanza non ricercata (almeno da lui)? Quanti amorazzi diventano unioni ufficiali soltanto dopo che lei ha «scoperto» di essere rimasta incinta? Quel che accade nove volte su dieci è che il figlio si trasforma in un formidabile collante, almeno per quattro o cinque anni. Poi puff. In Francia le antiche sodali femministe hanno accusato la Plard di aver tradito la sua storia aggredendo la donna in una campo sacro come quello della maternità. Lei ha risposto che la parità di genere è anche parità di scelta. Del resto, se pretendiamo che un figlio possa nascere grazie alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, che possa crescere anche con un solo genitore e possa essere allevato da una coppia gay, perchè dovremmo obbligare un uomo al test del dna e ad assumere su di sé un legame genitoriale che non desidera? La donna che si prende la responsabilità di portare avanti da sola una gravidanza perchè deve ottenere per via giudiziaria il sostegno economico di un uomo che non ha condiviso la sua scelta riproduttiva? Naturalmente ogni storia è un caso a sè ma in una società che cambia è difficile ignorare alcune vistose contraddizioni.

In Canada un uomo ha scoperto che tre dei quattro figli che credeva suoi in realtà avevano un altro padre, e il tribunale ha deciso che dovrà continuare a mantenerli in virtù del «legame genitoriale» ormai instaurato, che vale assai più di quello biologico. Del resto non sono i geni a renderti padre o madre. Almeno questo dovremmo averlo imparato.

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