Siamo proprio alla frutta. Nemmeno il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, titolare delle inchieste su Banca Etruria, per il quale la prima commissione del Consiglio superiore della magistratura ha aperto una procedura per verificare se vi sia incompatibilità tra il suo ruolo di procuratore sull'inchiesta della banca e un incarico di consulenza per il governo Renzi fino all'anno scorso, ha detto una piccola bugia. Nell'audizione davanti al Csm del 28 dicembre 2015, Rossi spiegò di non conoscere «nessuno della famiglia Boschi, il signor Boschi, i fratelli, i figli; non sapevo neanche come fosse formata. Ho conosciuto l'attuale ministro Boschi in un'occasione pubblica, istituzionale quando era parlamentare, come ho conosciuto tutti i parlamentari, ma non frequento nessun politico, non ho con loro nessun tipo di frequentazione». Il procuratore ribadì in quella occasione che non conosceva «neppure la composizione del nucleo familiare: ho appreso dai giornali che aveva un fratello e una cognata che lavoravano in banca ma non ne ero a conoscenza. Perché altrimenti sembra che io indago tutti tranne il padre del ministro: è il contrario, io non indago nessuno tranne i vertici decisionali della Banca dell'Etruria».Una furbata, quella davanti al Csm, che ora rischia di diventare un boomerang. Un'indiscrezione di Panorama in edicola oggi, dimostra infatti che Rossi conobbe papà Pierluigi Boschi molto tempo fa in occasione di una vicenda giudiziaria del 2010: il Boschi venne indagato ad Arezzo per reati di turbativa d'asta ed estorsione, e per due volte venne prosciolto su richiesta proprio del pm Rossi, poi diventato procuratore capo ad Arezzo, nonché lo stesso magistrato che indaga sul dissesto di Banca Etruria e quindi sul vice presidente Boschi.La vicenda, che fino al 2014 ha coinvolto Boschi senior e altri otto indagati, riguardava la compravendita, nel 2007, di una grande tenuta agricola posseduta dall'Università di Firenze.Malgrado il proscioglimento - scrive ancora Panorama - restano senza risposta due domande, relative ai 250mila euro in contanti che un successivo acquirente di parte della tenuta affermò di aver personalmente consegnato a Boschi.
Da una parte non si sa dove siano effettivamente finiti quei soldi, ma non si sa nemmeno perché la Procura di Arezzo non abbia mai indagato per calunnia chi affermava di averli dati a Pierluigi Boschi. Magari sono finiti nelle casse di Banca Etruria. Ma questo toccherà a Rossi scoprirlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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