da Ascoli Piceno
La bambina con il mantello cammina come se dovesse essere protetta dai fulmini e dal Male. Le scarpette bianche da ginnastica, il tutù, una lana di riccioli in testa, e il mantello annodato attorno al collo, o maghetta con il dono dell'invisibilità. Cammina quasi di corsa, e forse cadrà tra qualche secondo se continua con quel piglio, perché ha solo un anno e mezzo, e a quell'età passare in rassegna un picchetto di arcieri a tutta birra non è esente da inciampi. Non sta passando in rassegna il picchetto, ma sembra così, perché una schiera di uomini alla sua sinistra, con un cappuccio di lana in testa, sono fermi e sull'attenti al suo cospetto. C'è una mano che si tende verso Marisol, di chi la fotografa o forse della mamma. E la bambina ride a quella mano. Pensa forse che la festa sia tutta per lei. Gli sbandieratori, i cavalieri con la lancia. È una foto del 7 di agosto. Con le scarpette da corsa e il mantello bianco e rosso, Marisol, la contradaiola, protagonista alla Quintana.
Marisol adesso aspetta la mamma in una piccola teca bianca all'ospedale di Ascoli. Mentre tutti i feretri partivano dopo il funerale di Stato di venerdì, lei tornava nella stanza da cui era venuta, dove i morti del terremoto hanno attese le esequie. La bara bianca è coperta di fiori, tante rose, e dalla bandiera del sestiere della Piazzarola, con l'aquila stampata. Anche adesso ha il suo mantello, Marisol. Ogni tanto è sola. Nel silenzio, dal corridoio si sentono rare auto che passano in lontananza. Ma spesso arrivano visite. Tamburini, damigelle, paggi, si danno i turni. Un intero sestiere sta vegliando la bambina in questo passaggio lento. Il papà Massimiliano Piermarini la va a trovare sempre, anche se si muove in carrozzina, ma bisogna aspettare la mamma. Martina è ricoverata ad Ancona in terapia sub-intensiva per ferite da schiacciamento, e non si può ancora muovere. Martina che aveva lasciato L'Aquila dopo il terremoto del 2009 e si era trasferita ad Ascoli in cerca di radici. Le estati, con la bambina piccola, ad Arquata. La notte del 24 agosto, quando i pompieri sono arrivati a Marisol, la piccola non respirava più.
La quintana per Ascoli è come il palio per Siena. Due volte all'anno, l'ultima la prima domenica di agosto in occasione della festa del patrono Sant'Emidio, protettore dei terremoti. Diciassette giorni prima della notte in cui il mostro si è agitato nella terra, in piazza c'era anche la rappresentanza di Arquata con le asce simbolo dei boscaioli. Questi sono borghi dove la storia vive nelle pietre delle case, nei campanili romanici fragili e venerati, e nei colori degli abiti di velluto cuciti sulle testimonianze pittoriche del Rinascimento. Il gioco di destrezza è rivalità da stadio tra i sestieri, un senso di appartenenza che è un marchio per la vita. Tutti i borghi dell'ascolano vivono l'inverno in attesa della giostra. La saluteranno così, Marisol, nella chiesa di Sant'Angelo. Con gli sbandieratori, il console, il gonfalone. Sarà questo il suo funerale, nel sestiere della Piazzarola, quando la mamma sarà in grado di essere presente.
Un'enorme comunità, quella che sostiene le tradizioni millenarie di pali, giostre, rievocazioni abbraccia la bambina figlia di contrada. Sulla bacheca di Facebook della Piazzarola arrivano messaggi ogni ora. «Ci uniamo e ci stringiamo alla grande famiglia dei rievocatori e dei contradaioli», rende onore la contrada di Porta San Francesco di Parma.
Scrivono il Rione Croce Bianca della giostra della Quintana di Foligno, Borgo San Pietro del Palio di Asti. «Ciao aquilotta». «Ciao principessa», da tutta Italia per Marisol, che aspetta nella bara avvolta nel mantello.
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