Quelle parole su umanità, verità e speranza. Ecco i tre cerchi concentrici di Francesco

Le chiavi di lettura dell'omelia e la lezione del Pontefice

Quelle parole su umanità, verità e speranza. Ecco i tre cerchi concentrici di Francesco
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«L'umanità cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza». Con questa affermazione il Cardinale Giovanni Battista Re ha concluso l'omelia del funerale di Papa Francesco, chiedendo la benedizione e la preghiera al Santo Padre defunto, con le stesse parole con cui lui salutava: «Mi raccomando, ricordatevi di pregare per me».

Il Decano del Sacro Collegio ieri le ha rivolte a lui: «Mi raccomando, ricordati di pregare per noi!». Sono convinto che questa frase sia la chiave di lettura sia per la personalità che per l'attività di Papa Francesco, idealmente definita con tre cerchi concentrici. Innanzitutto l'umanità. È stato un Papa «umano» e aperto all'umanità. Un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Inoltre è stato un Papa attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa. Lo ha dimostrato per come si è mostrato alla fine nella sua «fragilità e sofferenza», ma anche per come è apparso in quella prima sera dicendo «buonasera!». «Con forza e serenità - ha detto il cardinale - conservò il suo temperamento, diede da subito l'impronta della sua forte personalità, col suo linguaggio ricco di immagini, con grande spontaneità e con una maniera informale di rivolgersi a tutti, anche alle persone lontane dalla Chiesa. Ha più volte fatto ricorso all'immagine della Chiesa come ospedale da campo dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti». Una Chiesa «capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi».

La riflessione si è poi aperta a un secondo cerchio concentrico: è un'umanità che cerca la verità con cuore sincero. Continua l'omelia: «Ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione. Il suo carisma dell'accoglienza e dell'ascolto, unito a un modo di comportarsi proprio della sensibilità del giorno d'oggi, ha toccato i cuori, cercando di risvegliare le energie morali e spirituali». Poi ha specificato: «In contrasto con quella che ha definito la cultura dello scarto, ha parlato della cultura dell'incontro e della solidarietà. Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo Pontificato con toni vibranti».

C'è infine un terzo anello concentrico: il coraggio di tenere alta la fiaccola della speranza. Papa Francesco è proprio morto nel cuore del Giubileo per il quale ha voluto come titolo quello di «pellegrini di speranza». Ha detto il cardinale Re nell'omelia: «Filo conduttore della sua missione è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte, mettendo in luce che la misericordia è il cuore del Vangelo. Papa Francesco ha secondo me incarnando la famosa preghiera di San Francesco d'Assisi. Dove c'era odio ha portato amore. Dove c'erano offesa, ferite, lacerazioni, ha portato perdono. Dove c'era discordia, anche all'interno della Chiesa, ha portato unione. Dove c'era dubbio, ha portato la fede. Dove c'era disperazione e tristezza ha portato gioia. Dove c'erano le tenebre della sofferenza, ha portato luce con il suo esempio nella malattia».

Francesco ha dimostrato in prima persona «che è possibile scommettere e agire per un'umanità e con un'umanità cerca la verità con cuore sincero, tenendo alta la fiaccola della speranza».

*Delegato vescovile della curia di Bergamo

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