Quelle rose della "Decima" innominabile

Dopo decenni, è stato proibito, agli incursori del Comsubin, di urlare "Decima!" durante la parata del 2 giugno

Quelle rose della "Decima" innominabile
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Dopo decenni, è stato proibito, agli incursori del Comsubin (foto), di urlare «Decima!» durante la parata del 2 giugno. Uno dei momenti più attesi della cerimonia perché in quell'urlo c'è il ricordo di una tradizione che racconta di Teseo Tesei, dei siluri a lenta corsa, del Gruppo Gamma e pure, bisogna dirlo, del comandante Junio Valerio Borghese, almeno fino all'8 settembre 1943.

Quest'anno, quindi, complici forse le parole del generale Roberto Vannacci - «fate una Decima sul simbolo della Lega» - le cose sono andate diversamente. E gli incursori, ovviamente, hanno obbedito. Perché un militare fa così: accetta gli ordini anche quando non li condivide. Al ritorno, però, mentre passavano di fronte all'altare della Patria, gli incursori hanno deciso di lasciare alcune rose rosse in omaggio ai loro caduti, quelli della Decima, il cui valore è riconosciuto in tutto il mondo. Perché la storia di questa manciata di uomini ha segnato non solo la storia della nostra Marina, ma anche quella degli altri Paesi. Winston Churchill, per esempio, ebbe a dire sull'impresa di Alessandria: «Sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare nel Mediterraneo». E tutto questo cercando di distruggere più il materiale avversario che i nemici.

Alessandria, quindi. Ma anche Suda e Gibilterra. E Teseo Tesei, che salta in aria insieme al suo secondo su un siluro a lenta corsa pur di portare a termine la missione. Arriva poi l'8 di settembre. La Decima si spacca, anche se la maggior parte resta al nord, a La Spezia, insieme a Borghese. Ed è a questo punto che inizia uno dei momenti più difficili della nostra storia. Non solo da un punto di vista bellico - e non si può negare che la Decima commise anche crimini di guerra - ma pure politico: gli uomini di Borghese, infatti, minacciano i tedeschi, sulla carta loro alleati, quando questi vogliono far saltare in aria il porto di Genova, e si alleano, sul fronte orientale, con i partigiani bianchi della Brigata Osoppo per fermare l'avanzata titina. Perché la storia è sempre più complessa di come la si racconta. E perché i caduti vanno sempre ricordati, come ricorda Rocco Pacella dell'associazione di veterani Good guys in bad lands: "Si possono fare celebrazioni senza connotazioni politiche.

Si può onorare il valore militare degli incursori, concentrandosi sull'addestramento e le tattiche; l'eccellenza e l'innovazione nelle tecniche di combattimento, precursori per tutti i reparti di forze speciali di Marina nel mondo. E poi, ovviamente, i loro successi operativi".

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