I neonati non sono una merce

I neonati non sono una merce

La bambina partorita a Roma da madre sessantaduenne, fecondata con un impianto di embrione in Albania, e a Milano l'adozione da parte del padre non biologico dei figli del partner omosessuale, avuti attraverso utero in affitto, sanciscono un cambiamento epocale nella storia della riproduzione dell'essere umano. Cambia definitivamente l'immaginario collettivo che riguarda il pensiero di mettere al mondo un bambino, carne della mia carne e sangue del mio sangue, frutto esclusivo di un amore erotico e sentimentale. Fare un figlio non è più un fatto naturale, non presuppone l'accoppiamento, la gravidanza e prescinde finanche il parto. Avere un bambino diventa un evento culturale, e dei nuovi nati, che sono il prodotto di una cooperazione tra più individui, spesso anche di diverse nazionalità, si disperdono le origini biologiche e con loro una storia individuale irripetibile. In quest'epoca in cui per le merci, gli alimenti, i flussi economici e per le retribuzioni si sente la necessità di garantire per legge la tracciabilità, è venuta meno l'esigenza di conoscere la reale identità delle persone. Questo stravolgimento, figlio di una società tecnologica e globalizzata, non tutela i minori, come giustificano i tribunali che stanno sdoganando la stepchild adoption per uomini e donne omosessuali, ma gli adulti, che fanno ricorso alle tecniche di fecondazione assistita e alle madri surrogate per garantirsi prole e genitorialità a tutti i costi. Non riuscire a procreare può determinare una profonda ferita narcisistica che le coppie sterili, etero o omosessuali, tentano di riparare per il proprio desiderio e il proprio benessere. È un'ipocrisia sostenere che ci sia un preminente interesse del bambino da tutelare quando si autorizza la pratica dell'utero in affitto perché l'interesse preminente è soltanto quello dell'adulto, che non vuole rinunciare alla possibilità di godere del rapporto insostituibile con i figli. Un desiderio senza senso del limite. Il bambino da possedere è un neonato dal primo giorno della sua vita, senza doversi far carico di un figlio adottato che porta con sé la sua storia molte volte carica di traumi da superare. Attraverso la tecnica si desidera il figlio perfetto, si scelgono ovuli e spermatozoo e donne che a pagamento faranno da incubatrici.

Il costo è tutto a carico del bambino e consiste nella separazione violenta dalla madre con cui ha condiviso umori e nutrimento per i nove mesi che hanno visto la nascita dei suoi organi di senso. Sarebbe più onesto concedere la stepchild adoption dichiarando che si sceglie per garantire al bambino il male minore, non essere strappato da una seconda figura di attaccamento.

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