«I o cerco la persona che sia capace d'amare l'altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissanguarlo; cerco questa persona del futuro che sappia realizzare un amore indipendente da vantaggi o svantaggi sociali, affinché l'amore sia sempre fine a se stesso e non solo mezzo in vista di uno scopo». Lo scriveva nel 1908 Carl Jung in una lettera a Sabina Spielrein, che fu in successione sua paziente, poi studentessa per diventare infine collega. I due ebbero una relazione intima documentata dalla loro corrispondenza del tempo e dai diari di lei. Il rapporto, burrascoso, fu molto criticato dai colleghi perché per la Spielrein l'incontro con quest'uomo, carismatico ma sposato, significò grande sofferenza. Le donne di allora come ora sono spesso agnelli sacrificali di uomini sposati, aggressivi, gelosi fino al femminicidio.
Le cronache continuano a raccontare di abusi, stupri e maltrattamenti psicologici che si perpetrano di generazione in generazione. Colpisce per questo la storia della donna che a Roma imponeva al marito i lavori domestici e lo chiudeva in soffitta se non erano stati eseguiti come aveva comandato. Impediva al marito di mangiare gettando detersivo sul suo cibo e lo costringeva a fare in fretta le scale per farlo cadere. Una vera aguzzina, cui l'uomo non riusciva a ribellarsi. Se i fatti sono giunti a conoscenza delle forze dell'ordine è soltanto perché il fratello del marito ha sporto una denuncia che ha portato la donna all'allontanamento dal tetto coniugale. Stavolta è l'uomo ad aver morso il cane e non il contrario.
Eppure le donne non sono scevre dalla violenza fisica ma mentre spesso sono loro a cominciare la lite e a mollare calci e schiaffi raramente accade che l'abbiano vinta. Alla fine della lotta a riportare più ferite è ovviamente il sesso più debole. Le vessazioni della donna sull'uomo sono quasi sempre di natura psicologica, più sottili, meno evidenti ma ugualmente pericolose. Le coppie litigiose sono quelle in cui i due partner fanno una scelta di tipo narcisistico. L'amore non è fine a se stesso, come lo sognava Jung, ma rappresenta la possibilità di soddisfare i propri bisogni attraverso l'altro. Si tratta di bisogni che sono stati frustrati nell'infanzia e che gli individui cercano di appagare da adulti. Questa donna potrebbe aver avuto un padre padrone e tiranno che, da adulta, voleva uccidere e detronizzare per vincere una battaglia a suo tempo perduta. Il povero marito potrebbe essere uno di quei soggetti che esprimono il bisogno di affetto e protezione sotto forma di remissività. L'uomo sperava che mostrandosi paziente, disponibile e accondiscendente sarebbe stato amato e la moglie avrebbe avuto cura di lui.
Avviene una «scismogenesi complementare»: ad ogni imposizione l'altro reagisce con un comportamento di sottomissione che incoraggia una ulteriore imposizione che a sua volta richiede una sottomissione maggiore. Nel bene e nel male i due sono legati da un rapporto morboso, da cui sottrarsi è molto difficile. Né con te né senza di te, a costo della dignità o della vita.
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