Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky sono una coppia pericolosa. Si sfidano in un conflitto che li vede contrapposti come due adolescenti che hanno prese di posizione estreme e odi ciechi, sostenuti da una fiducia smisurata in sé stessi. L'onnipotenza e la rabbia in nome di grandi ideali possono avere effetti distruttivi. Lo psicologo Paul Watzlawick, con la teoria sistemica, definisce alcune modalità di relazione. Nella «escalation simmetrica» se una persona ha un comportamento aggressivo si può sviluppare una situazione competitiva in cui l'aggressività della prima porta all'aumento dell'aggressività della seconda e questa, per effetto del feed-back, a un ulteriore aumento di aggressività del primo soggetto e così via, con conseguenze sempre più gravi. A imporsi per primo, attraverso l'uso della forza, è stato Putin. La sua leadership narcisistica e dittatoriale non poteva permettere che Europa e Usa si allargassero a Est ai suoi danni e a quelli dell'ex Unione Sovietica e lo aveva ribadito più volte. Sarebbe stata una ferita al suo io grandioso, che rischiava di inficiare l'identità di un uomo con una vita trascorsa a dare un'immagine determinata e dura di sé, un militare che preferisce la lotta alla ritirata, sempre dedito al sacrificio per l'orgoglio e per la causa. La sua storia è coerente, l'invasione prevedibile perché è così che ha sempre trattato e tratterà i suoi nemici e avversatori. Zelensky invece di sottomettersi ad un avversario palesemente più forte di lui si è comportato da soggetto istrionico, anche lui coerentemente con la sua storia personale. Ha inscenato nella realtà di una seduta del Parlamento Europeo una puntata della serie tv «Servant of the people» che lo ha reso famoso attore su Netflix. A Bruxelles ha usato i toni che servono a provocare un effetto teatrale: «Ora tocca a voi dimostrare che siete con noi. Dimostrate che siete davvero europei e allora la vita vincerà sulla morte e la luce vincerà sulle tenebre. Gloria all'Ucraina».
Zelensky chiedendo di essere membro paritario dell'Europa mentre il conflitto è in atto e proprio per questa ragione, si rivela più attore che uomo politico nella realtà, preferendo una spettacolare escalation simmetrica a una resa, differibile ma inevitabile, che avrebbe evitato lacrime e sangue al suo popolo. Appena eletto presidente nel suo discorso ha detto scherzando: «Negli anni passati vi ho fatto ridere, nei prossimi spero di non farvi piangere». Due profezie che si autoavverano.
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