Sarebbero poco più di 10mila i lavoratori che potrebbero accedere nei prossimi due anni alla pensione con «Quota» 102 e 104, per il 2022 e 2023. La stima arriva dalla Cgil sulla base del limite minimo di età a 64 anni nel 2022 e a 66 per il 2023. Per questo il sindacato parla di intervento «sostanzialmente inutile» perché «riguarda per la stragrande maggioranza coloro che erano già nella platea di Quota 100 e sono quindi in gran parte già andati in pensione con quella misura». Il punto «non è come rendere più graduale l'uscita da Quota 100, ma come riformare complessivamente il sistema. Da tempo abbiamo presentato unitariamente al governo la nostra Piattaforma che prevede: una flessibilità in uscita per tutti dopo 62 anni di età o 41 anni di contributi».
Il premier Mario Draghi che ha definitivamente archiviato la misura leghista per un «graduale ritorno alla normalità» dovrà trovare una sintesi tra le posizioni dei partiti. E il leader del Carroccio Matteo Salvini avverte: «Ho scritto al presidente Draghi e sono a disposizione per incontrarlo da oggi in avanti quando vuole, perché sarebbe un errore rifinanziare il Reddito di cittadinanza e tagliare le pensioni. Se non vuoi chiamarla Quota 100 e vuoi chiamarla con un altro nome va bene, ma l'importante è che dal 1 gennaio non ci siano scalini o scaloni, riavvicinamenti della Fornero. Deve essere garantito il diritto alla pensione dopo una vita di lavoro ai precoci, alle donne, ai lavoratori usuranti, ai dipendenti di piccole e media imprese». E ancora: «Intervenire a gamba tesa sulle pensioni non mi sembra il modo migliore per fare rialzare il Paese anche perché ricordo che Quota 100 ha dato lavoro a centinaia di migliaia di giovani».
Opposta la posizione del leader degli industriali, Carlo Bonomi, che condivide con la Cgil la bocciatura dell'anticipo pensionistico voluto da Salvini: «È costata tanto e non ha raggiunto gli obiettivi, non c'è stato nemmeno un effetto sostituzione». Per Bonomi «abbiamo nove sistemi di prepensionamento, ognuno lascia un debito a carico dei giovani e neanche creando nuovi posti di lavoro, è un effetto perverso». La strada, suggerisce, è l'ampliamento dell'Ape sociale e il rifinanziamento di Opzione donna, chiesti anche dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. Che ieri ha ribadito il perimetro della mediazione: «Quota cento era una misura per pochi fortunati. Dobbiamo invece temperare la Fornero, a mio avviso a favore dei lavoratori che sostengono lavori più gravosi, a favore dei lavoratori che hanno avuto meno opportunità di continuità contributiva e a favore delle donne che sono state duplicemente gravate nella loro carriera, con una difficoltà di conciliazione di tempi della famiglia e tempi di lavoro, e per una più frequente condizione di lavoro a tempo indeterminato precario».
Secondo i dati Inps aggiornati ad agosto da quando è stata introdotta nel 2019, quota 100 è stata utilizzata da 314.128 lavoratori, per una spesa di 11,6 miliardi e un assegno medio di 25.663 euro. Le richieste pervenute sono 433.202 tra cui i 35.238 in lavorazione e 56.836 respinte. I lavoratori dipendenti che hanno beneficiato sono pari all'87,1% del totale, di cui il 52% del settore privato e 34% del settore pubblico, mentre i lavoratori autonomi sono 67.609 (21,5%). Il 69,3% dei beneficiari sono uomini, il 30,7% donne.
Sul cuneo fiscale però restano i dubbi di Bonomi per le risorse stanziate in manovra: «Ci sono 8 miliardi per il fisco, non abbiamo capito come».
E sul punto torna anche il leader della Lega: «Chiederemo al governo che gli 8 miliardi di taglio di tasse diventino anche di più, a partire dai più colpiti dal Covid, quindi partite Iva, autonomi, liberi professionisti, artigiani, commercianti».
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