Rabbia dei parenti, ospedale distrutto

Ultimo caso a Pescara. Il piano del governo: esercito, metaldetector, arresti e daspo

Rabbia dei parenti, ospedale distrutto
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Il dolore per la morte di una persona cara è qualcosa di infinito. Ma non è giustificabile che la disperazione si traduca in rabbia scriteriata e in aggressioni. Eppure è accaduto ancora dopo l'episodio di Foggia, dove un'équipe chirurgica si è barricata in una sala per cercare di fuggire ai parenti di una ragazza - da poco morta in sala operatoria - che volevano sfondare la porta.

Ieri all'ospedale Santo Spirito di Pescara in 40 hanno fatto irruzione nel reparto di Oncologia, impazziti dopo la morte di un parente di 60 anni (affetto da un grave tumore), hanno invaso i corridoi gridando e insultando chiunque si trovassero davanti, trasformando le stanze in una sorta di campo di battaglia. Porte divelte, tavoli ribaltati, suppellettili gettate a terra. E minacce ai medici.

A Vibo Valentia è stato necessario l'intervento dell'esercito dopo le ultime aggressioni al personale sanitario. Lo ha stabilito il prefetto Paolo Giovanni Grieco per portare più sicurezza in ospedale. A Caserta un giovane di 29 anni ha preso a pugni alla testa l'autista del 118 e ha danneggiato l'ambulanza.

E via, gli esempi di aggressioni e minacce sono quotidiani. Per l'esattezza sono 40 al giorno, 16mila in un anno. Un numero non più tollerabile. «Sono ancora di più, una media di 50 al giorno - specifica Filippo Anelli, presidente dell'Ordine dei medici - considerando che alla rilevazione mancano i dati della Sicilia e che molte Regioni hanno considerato solo le aggressioni avvenute nelle strutture pubbliche».

I medici sono pronti a scendere in piazza. Per chiedere sicurezza, soprattutto nei pronto soccorso, per avere rispetto.

Il ministro alla Salute Orazio Schillaci ha appena annunciato per i parenti o i pazienti violenti l'arresto in flagranza differita di reato, cioè entro le 48 ore e con filmati e foto come prova sufficiente. Pochi giorni prima il senatore di Fratelli d'Italia Iganzio Zullo ha avanzato la proposta del Daspo sanitario: niente cure gratuite per chi assale in medici. Che non vuol dire far mancare l'assistenza sanitaria, ma significa far pagare per tre anni le visite d'elezione e programmabili.

I medici premono la politica perché stringa i tempi dell'iter di approvazione. «È necessario un decreto-legge sull' arresto in flagranza differita e la piena applicazione della procedibilità d'ufficio - sostiene Anelli - ma anche organizzativo, come sistemi di videosorveglianza, controlli agli ingressi con metaldetector, presenza di vigilanti ma anche postazioni fisse delle forze dell'ordine. Il diritto alla salute che i professionisti della salute garantiscono non può essere disgiunto dal diritto alla sicurezza».

Al di là del singolo caso infatti, gli episodi di violenza nelle corsie, delle irruzioni nei reparti e degli agguati fuori dall'ospedale non fanno altro che allontanare i giovani dalla professione e li inducono ad abbandonare il Servizio sanitario nazionale. «L'effetto - sostiene Anelli - sarà la compromissione non solo della qualità e dell'universalità dell'assistenza ma anche della stabilità sociale, così importante in questo momento storico».

Pronti a manifestare domani a Foggia i medici del sindacato nazionale autonomo Snami: «È necessario che la politica sia più presente e che ci sia un'azione concreta Non possiamo più accontentarci di misure simboliche o promesse che non trovano mai applicazione pratica».

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