Arriva poco dopo le 11, in sneaker bianche, perché i padiglioni della fiera non sono roba da tacco. Ad aspettarla tre ministri del suo governo (Francesco Lollobrigida, Daniela Santanchè e Giuseppe Valditara), il presidente del Veneto Luca Zaia, il sindaco di Verona Damiano Tommasi. Il sorriso di chi è felice di esserci, malgrado siano giorni difficili. E infatti la visita di Giorgia Meloni al Vinitaly, il più grande salone nazionale di un prodotto simbolo del nostro agroalimentare, domenica sera sembrava cancellata. Questione di opportunità. Poi la premier ha deciso di venire comunque, «a ribadire valore e centralità che questo governo attribuisce al mondo dell'agricoltura». E poi il vino è simbolo di pace, e lei non si stanca di ripeterlo, rassicurando chi la interroga sulla crisi in Medioriente: «Credo che chiunque sia ragionevole in questo momento debba essere preoccupato ma al tempo stesso dobbiamo essere molto lucidi. Credo però che sia molto importante lavorare per una de-escalation perché un'escalation in un conflitto all'interno di quella regione, tutti quanti ci rendiamo conto che potrebbe avere conseguenze molto significative». E comunque il lavoro diplomatico non si ferma: «Anche oggi (ieri, ndr) sarò impegnata in una serie di altre telefonate con attori regionali mediorientali». Meloni gira per il padiglioni veronesi, incontra gli studenti degli istituti agrari, visita qualche padiglione, parte dal Veneto come omaggio al padrone di casa Zaia che le regala una bandiera con il leone alato, poi si sposta nelle aree del Trentino, delle Marche, del Friuli, del suo Lazio, della Toscana, passa anche per Frescobaldi, qualcuno ironizza sul fatto che bypassi la Puglia, dovunque assaggia qualcosa, con moderazione ma anche con evidente piacere, poi fa un salto a visitare il vagone del Dolce Vita Orient Express, il nuovo treno di lusso italiano, che è parcheggiato tra due padiglioni. Sorride alla gente che la saluta, è un contesto che le piace, e poi si tratta di valorizzare il made in Italy nel giorno che lo celebra. «Dobbiamo essere implacabili con l'italian sounding», promette. Qualcuno la stuzzica sui temi di attualità e lei non si tira indietro. Confessa che le ha fatto piacere la telefonata della leader del Pd Elly Schlein, con la quale si è confrontata sui dossier internazionali, «io lo considero doveroso, lo facevo a mia volta quando mi trovavo all'opposizione, ma l'ho considerato importante: ci siamo scambiate i punti di vista, e penso che questo possa portare anche in Parlamento a lavorare meglio». A chi le chiede del caso Amadeus e se ci sia un controllo del governo sulla Rai: «Io penso che i cittadini possono giudicare se c'è un controllo sulla Rai». Si sfila dalle polemiche sul terzo mandato: «Io sono laica, personalmente non credo che se ne debba occupare il governo, perché sono materie che si devono vedere a livello parlamentare. Per ora non c'è una maggioranza». Anche sull'autonomia differenziata non si sbilancia: «Non dipende da me se si voterà prima delle Europee, lungi dal governo mettere pressione al Parlamento. Sono fiduciosa, non è questione di un giorno in più o in meno. L'importante è aver dimostrato che su questo provvedimento stiamo andando avanti».
E quando le si chiede dei manifesti elettorali con il suo viso, graffia: «Sono leader del partito, con la foto di chi la si dovrebbe fare la campagna elettorale?». La visita al Vinitaly è finita, tre ore e passa intense ma il calice della Meloni, alla fine, è sempre mezzo pieno.
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