Casa per casa, come i piazzisti della vendetta. A caccia dei militari dell'esercito governativo - che peraltro non ha opposto di fatto nessuna resistenza all'avanzata dei talebani -, dei funzionari che lavoravano nelle unità investigative del precedente governo, di coloro che in qualche modo avevano collaborato con i contingenti di occupazione, dei giornalisti. Chi viene trovato, peggio per lui. Chi invece è fuggito, peggio per i suoi familiari. Del resto i talebani, anche quelli 2.0 che alla fine non sembrano molto diversi da quelli di venti anni fa, se non per l'uso dei social, non hanno fretta. È uno dei loro motti: «Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo». Anche il tempo per trovare i loro nemici e regolare i conti.
La caccia all'uomo è partita quasi subito. Secondo un documento redatto dal Centro norvegese per le analisi globali (Rhipto), gruppo norvegese di intelligence che collabora con l'Onu, i talebani «hanno condotto una mappatura anticipata degli individui, prima ancora di prendere il controllo di tutte le principali città» e «stanno arrestando e/o minacciando di uccidere o arrestare i familiari di individui mirati, a meno che non si arrendano ai talebani» . Non solo, stanno reclutando nuovi informatori perché collaborino a trovare i loro nemici.
Nemici che del resto sono vivi. La resistenza contro i talebani rivendica la conquista di tre distretti nella provincia afghana di Baghlan: Pol-e-Hesar, Deh Salah e Banu. Secondo l'agenzia afghana Askava combattenti talebani sono stati feriti e uccisi e le Forze di Pubblica Resistenza guidate da Khair Muhammad Andarabi stanno avanzando verso altri distretti. loro nemici. La risposta dei miliziani - che hanno messo le mani sul tesoro Usa fatto di armi, di divise, di giubbotti antiproiettile e addirittura di mezzi blindati, aerei, elicotteri, visori notturni e droni militari - sta tra l'altro in un agguato contro due parenti di un giornalista di nazionalità presumibilmente afghana che collaborava con il quotidiano tedesco Deutsche Welle, che è riuscito a riparare in Germania: uno è stato ucciso, l'altro ferito in modo grave. Altri membri della famiglia del reporter sono riusciti a fuggire in extremis mentre i talebani andavano di porta in porta per catturarli. Anche altri giornalisti, alla faccia dello sbandierato rispetto della libertà di stampa, sarebbero già finiti nelle grinfie dei talebani: Nematullah Hemat, di Ghargasht TV, sarebbe stato rapito dai talebani e, secondo fonti governative, il responsabile dell'emittente radiofonica Paktia Ghag sarebbe stato ucciso a colpi di arma da fuoco. I talebani hanno anche giustiziato a Herat nei giorni scorsi Haji Mullah Achakzai, capo della polizia della provincia di Badghis. L'esecuzione del poliziotto, ucciso in ginocchio e bendato, sarebbe documentata da un video la cui veridicità sarebbe stata confermata. E diversi funzionari del governo afgano precedentemente in carica sono stati arrestati dai talebani, come l'ex governatore di Laghman, Abdul Wali Wahidzai. E Amnesty International denuncia che a luglio i talebani hanno massacrato nel villaggio di Mundarakht, nella provincia di Ghazni, nel Sud-Est del Paese, nove uomini di etnia hazara, sciiti molto invisi ai miliziani sunniti.
A Kabul l'atmosfera è di quieta tensione. In un tweet il corrispondente della Bbc Secunder Kermani racconta quello che ha visto in un mercato della capitale: «L'atmosfera è calma ma i commercianti dicono che c'è in giro molta meno gente che nei giorni normali, soprattutto donne. Dicono che molti residenti sono in ansia e per il momento preferiscono stare a casa».
Una studentessa racconta alla Bbc il suo avvilimento: «Ho bruciato tutti i libri e i documenti dell'Uuniversità. Ho disattivato i miei account sui social media, mi è stato detto che i talebani controllano i post e ci trovano attraverso di loro. Come ragazza e anche come minoranza Hazara, non c'è spazio per me nel mio Paese».
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