Pare che non voglia ricevere auguri per il suo novantesimo compleanno che cade domani e che invece bisognerebbe festeggiare a livello nazionale perché Giorgio Armani è un grandissimo italiano, un esempio luminoso di rettitudine e integrità. È nato nel 1934 come Sophia Loren, Gino Paoli, Carlo Rubbia e una serie di celebrità internazionali quali Shirley McLain, Brigitte Bardot e Maggie Smith. In quello stesso anno Hitler si autoproclama Führer e capo del Reich, muore Madame Curie, Luigi Pirandello vince il premio Nobel e Walt Disney inventa un personaggio meraviglioso: Paperino. Lui non ha nulla a che vedere con tutto ciò tranne l'età, queste 90 primavere portate così bene che sembrano 20 in meno.
Lo deve a se stesso, o meglio alla feroce disciplina che si è imposto: due sessioni di ginnastica al giorno tutti i giorni, pochissimi peccati di gola (ha un debole per il risotto alla milanese e per l'insalata caprese, ma non esagera mai con le porzioni), niente fumo, niente alcool e figuriamoci le droghe anche se in un'intervista concessa nel 1995 a Eric Clapton per l'edizione inglese del mensile GQ, ammise di aver provato la cocaina. «Avevo 40 anni raccontò - ero al mare con un gruppo di amici, volevo fare il moderno ma sono stato malissimo. Ho capito che quella sarebbe stata la prima e l'ultima volta». Forse la sua vera droga è il lavoro: non concede tregua a se stesso e agli altri, è ossessionato dall'efficienza, dalla puntualità, da uno spirito di perfezione senza confini. Una volta ci raccontò di doverlo a sua madre. «Era una donna molto severa disse ha perso la mamma da piccola ed essendo l'unica femmina di otto figli, giovanissima è stata costretta a mandare avanti la casa. Credo si sia sposata in parte per sfuggire alla dura disciplina imposta da mio nonno. Spero che abbia anche amato mio padre, ma in quelle condizioni era difficile pensare al lato romantico della vita. Per me è stata una figura centrale e da adulto ho capito quanto devo alla sua severità». Maria Raimondi veniva da una famiglia di mobilieri piacentini che ha sempre avuto un certo tono, mentre il marito Ugo Armani era un semplice impiegato amministrativo. Insieme hanno avuto tre figli: Sergio, Giorgio e, nel 1939, Rosanna. «Mia sorella ha sempre detto lui - è stata un personaggio interessantissimo quando dal calzino bianco delle bambine è diventata la ragazza che tutti volevano in compagnia perché così bella, simpatica e vitale da affascinare chiunque. Ancora oggi basta che mi lanci un'occhiata perché a me scappi da ridere. Lo dico con grande ammirazione per la sua capacità di alleggerire i pesi della vita».
Capelli corti, grandi occhi nocciola e un bel viso mobile sul corpo minuto, Rosanna Armani da ragazza somiglia ad Audrey Hepburn. Accarezza infatti l'idea di diventare attrice e nel 1960 viene scelta da Visconti per una piccola parte in Rocco e i suoi fratelli. Tre anni dopo è sul palco di San Remo con Edy Campagnoli come valletta di un esordiente Mike Buongiorno. Lavora a lungo come modella mentre Giorgio, affascinato dal romanzo La Cittadella di Cronin, decide di diventare medico. S'iscrive all'università, frequenta per due anni, studia e si presenta agli esami, ma è il primo a capire che quella non era la sua strada. Eppure anche il tempo passato nella facoltà di medicina è servito a definire la sua cifra stilistica fatta di tagli dalla precisione chirurgica, di studi anatomici dietro a ogni modello e di un senso delle proporzioni leggendario. Il resto è talento allo stato puro mischiato a un costante esercizio di sottrazione. «L'eleganza è togliere» dicono tutti i designer del mondo. Lui lo fa. Senza pietà verso le sue stesse idee. Dopo il servizio militare comincia a lavorare in Rinascente e nel 1966 conosce Sergio Galeotti, l'amore della sua vita, ma anche il socio migliore del mondo per uno come lui. È infatti un uomo intelligentissimo, duro come un diamante, ma altrettanto prezioso nel coniugare la creatività imprenditoriale con quella stilistica. Insieme nel 1975 fondano l'azienda. «Sergio mi ha dato la forza d'improvvisare questo mestiere ci disse Armani una volta Io avevo delle intuizioni, ma non ero bravo. Per esempio non sapevo disegnare e lui mi spingeva a farlo. Diceva prova, puoi ottenere tutto se lo vuoi intensamente. Ho amato per vari motivi le persone che ho amato, ma il primo passo è sempre stato un click che segna il destino». Galeotti muore il 14 agosto 1985, un dolore da cui Armani non è mai guarito del tutto. Reagisce lavorando, facendo cioè anche la parte manageriale che prima toccava al socio. Diventa lo stilista-imprenditore, un caso più unico che raro nel panorama internazionale.
Oggi il Gruppo Armani di cui lui è Presidente e amministratore delegato, opera in 80 paesi con 9257 dipendenti e 9 stabilimenti di produzione.
Noi della stampa lo chiamiamo Re Giorgio e pare che la cosa un po' lo irriti. Nel caso ci scuserà per questo e per gli auguri di compleanno ma non possiamo farne a meno davanti a un uomo che a 90 anni vive e regna sull'immaginario estetico del Paese più bello del mondo, il nostro.
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