Lilin: "Reclute spedite in guerra alla cieca, come me"

Lo scrittore russo: "Ero di leva: mi hanno sequestrato i documenti e mandato in Cecenia"

Lilin: "Reclute spedite in guerra alla cieca, come me"

Nicolai Lilin, classe 1980, è la «voce» russa forse più conosciuta in Italia. È diventato famoso con i suoi romanzi, a partire da Educazione siberiana (trasformato in film da Gabriele Salvatores), Caduta libera e il Respiro del buio. Raccontano la sua giovinezza criminale in Transnistria, il suo arruolamento nell'esercito russo per la Seconda guerra cecena e il difficile reinserimento a Bender, la sua città d'origine. Lilin però è anche tatuatore e disegnatore, le sue opere reinterpretano l'antica iconografia della malavita siberiana, una società criminale ma anche di opposizione al regime comunista. E tra i suoi libri c'è una biografia per niente autorizzata del presidente russo, appena ripubblicata con un capitolo aggiuntivo sull'Ucraina: Putin. L'ultimo zar (Piemme). Abbiamo incontrato Lilin mentre presentava alcune delle sue ultime opere artistiche, realizzate con la Originale Multiplo, su Tesory Channel.


Nicolai Lilin, lei ha avuto un'esperienza militare terribile nella Seconda guerra cecena.


«Sono stato chiamato per il servizio militare, mi sono presentato per cercare di spiegare che volevo rinviarlo di qualche mese. Nonostante non avessi avuto una educazione regolare e avessi precedenti criminali volevo trovare il modo di dedicarmi alla mia passione, il disegno... Mi hanno detto: Non preoccuparti entra entra, ci pensiamo noi. Poi mi hanno sequestrato i documenti e chiuso in una stanza. Sono uscito da lì con altri coscritti che sono arrivati solo per essere caricati su un mezzo ed essere spediti in un gigantesco campo di addestramento vicino a Mosca... Dopo tre mesi ho capito che sarei stato inserito nelle forze speciali. Ho cercato di scappare due volte. Mi hanno ripreso e il mio capitano mi ha fatto fare un giro in una prigione militare... Ho deciso che meglio qualunque cosa che finire là dentro. Poi hanno iniziato a parlarci di esercitazioni, ma ad addestrarci è arrivato un signore ceceno ed è proprio là che siamo finiti».


Quindi quando si parla di soldati di leva mandati in Ucraina senza sapere è credibile...


«Certo. Il modello di esercito professionale provato in Siria secondo me è fallito e questo conflitto è anche un modo di addestrare a prezzo di altissime perdite un gran numero di personale. Alla fine hanno fatto così anche con la Cecenia. Mandano i giovani con una percentuale di soldati esperti che gli insegnino il mestiere... Spietato ma funzionale».


Molti parlano di un ritorno sovietico di Putin... Lei no.


«Il modello a cui si rifà è un modello imperiale, messianico, il suo modello è Alessandro III. Forse all'inizio ha pensato di avvicinarsi alle democrazie occidentali, non certo a un vero Stato liberale, ma si muoveva in quel senso. Poi ha prevalso l'idea di tornare all'Impero, si è trasformato quasi in un personaggio shakespeariano».


Una sorpresa per l'Occidente.


«Non abbiamo voluto guardare. Il percorso era chiaro. E quanto all'Ucraina, Putin ha mandato un sacco di segnali. Io sono per la condanna netta di qualsiasi aggressione. Chi mette solo lo stivale di un suo soldato in un'altra nazione ha torto. Però bisogna essere onesti: l'Occidente non si è occupato del fatto se i protocolli di Minsk venissero rispettati o no. E non si può fingere che in Ucraina non ci siano neonazisti. Anche il modo in cui Zelensky, che è ebreo, è stato accolto in Israele è indicativo. Ora purtroppo siamo a questo punto e mandare armi per me non è la soluzione...».


Qual è allora?


«La diplomazia. La sola soluzione passa dalla trattativa ed in questo senso l'Europa deve trovare un ruolo. Doveva trovarlo anche prima»


In Russia c'è chi si ribella a Putin. Nei suoi libri la ribellione è un tema forte...


«A partire da Tolstoj, tutta la letteratura russa è caratterizzata da questa dualità tra regime e desiderio di libertà. Non solo la donna che abbiamo visto con il cartello in televisione. Sono moltissimi quelli che non la penseranno come Putin. E i più dovranno pernsarlo in silenzio. Ma non si può pensare che Putin cada per una rivoluzione, i russi hanno già provato le rivoluzioni e temono più di tutto il caos. Se ci sarà un cambiamento partirà all'interno del sistema».


E gli oligarchi ribelli?


«Dipendono dalle sue

concessioni. Non sono come i capitalisti occidentali, Non sono come Elon Musk che è per molti versi un oligarca ma deve i soldi a se stesso. Putin li usa come portafogli per mettere dei soldi. Il portafoglio si rompe? Tu lo cambi».

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