Reddito minimo, il finto tabù che può unire democrat e grillini

Per il Pd è un ostacolo, ma l'ha già introdotto in Friuli e Puglia

Reddito minimo, il finto tabù che può unire democrat e grillini

Milano Il reddito di cittadinanza del M5s, insostenibile per i conti pubblici, è l'alibi dei piddini che vogliono evitare l'abbraccio (mortale) con Di Maio e Casaleggio. «Non possiamo dire che si può vivere di assistenza, non credo che reddito di cittadinanza sia la soluzione, dare un reddito tanto per darlo non va bene» spiega la renziana Debora Serracchiani, fresca di dimissioni da vicesegretario nazionale del Pd. Eppure proprio sul reddito assistenziale si può trovare un punto di convergenza tra grillini e democratici. A partire proprio dalla Serracchiani, che in Friuli Venezia Giulia dove governa da cinque anni (si vota tra un mese) ha introdotto un reddito minimo garantito fino a 550 euro netti al mese per i residenti nella regione con un reddito inferiore a 6mila euro annui (costo totale: 25 milioni di euro dal bilancio regionale).

Una legge votata e addirittura scritta anche dal M5s in consiglio regionale («Abbiamo partecipato alla stesura di quella che, come principi, è una misura molto simile al nostro reddito di cittadinanza» spiegarono i consiglieri M5s friulani). Ma guai a dire alla Serracchiani che è un reddito di cittadinanza targato Pd, quell'assegno pubblico mensile va chiamato «misura di inclusione attiva e sostegno al reddito». Ma il concetto è lo stesso: le tasse di chi lavora finanziano il sostegno pubblico a chi ha un Isee basso.

E la stessa cosa ha fatto Michele Emiliano, presidente della Puglia e grande sponsor di un accordo di governo coi Cinque Stelle. L'ha chiamato Red, che oltre a voler dire «rosso» in inglese è l'acromimo di Reddito di dignità, fino a 600 euro al mese a nucleo famigliare, e uno «specifico percorso di tirocinio per l'inserimento socio-lavorativo», come previsto anche - ma in molto velleitario, assegnando un ruolo spropositato ai centri per l'impiego pubblici - dal disegno di legge grillino sul reddito di cittadinanza. Destinatari, 60mila pugliesi. Impegno finanziario previsto per la Regione Puglia: 70 milioni di euro all'anno per cinque anni, totale 350 milioni. All'annuncio, Emiliano twittò: «Confesso che Grillo mi ha chiesto di dimostrare la differenza tra il dire e il fare. Spero di esserci riuscito». Non è un caso isolato ai governatori filogrillini. Anche Stefano Bonaccini, presidente Pd dell'Emilia Romagna, ha introdotto il «Reddito di solidarietà», fino a 400 euro al mese per chi risiede in regione da almeno 24 mesi, anche stranieri (sono il 33% dei richiedenti), e ha un indicatore di reddito inferiore a 3mila euro. E si viaggia ad un ritmo di 3mila richieste al mese. Il meccanismo è sempre lo stesso. Si eroga un contributo alla persona o alla famiglia povera, che poi deve impegnarsi a partecipare a un «progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo», pena la decadenza dell'assegno, per un periodo massimo di un anno. «Misura di civiltà, che va dritta al cuore di chi ha bisogno» spiegò Bonaccini.

Stessa musica in Basilicata, regione guidata dal piddino Marcello Pittella, fratello del piddino europarlamentare Gianni Pittella che si è candidato al Senato (ha perso il collegio, ma aveva il paracadute proporzionale per cui è stato ripescato). Dal 1 febbraio, quindi un mese prima delle elezioni, la Regione ha annunciato la distribuzione delle «card» per gli accrediti al reddito minimo di inserimento, la misura di sostegno al reddito della Basilicata per i cittadini con difficoltà economiche.

E pure la Regione Toscana la maggioranza Pd in consiglio regionale ha proposto il «Reddito di solidarietà attiva», da finanziare con 35 milioni di euro dai fondi europei e destinare a 54mila famiglie toscane con redditi bassi. Anche Leu, altro ipotetico alleato di governo, ha nel suo programma il Reddito di inclusione. Altro che tabù, per un accordo si può partire proprio da qui.

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