Regeni, nuovi testimoni. "Depistaggio pianificato subito dopo il delitto"

Accuse agli 007 egiziani: rapina inscenata prima ancora che fosse ritrovato il cadavere

Regeni, nuovi testimoni. "Depistaggio pianificato subito dopo il delitto"

Tre nuovi testimoni accusano i quattro 007 egiziani del rapimento, delle torture e della morte di Giulio Regeni.

Lo rivelano gli atti depositati ieri mattina a piazzale Clodio in vista dell'udienza preliminare, che è fissata per il 29 aprile. Il procuratore Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco chiedono il processo per i quattro dei servizi che dovranno rispondere, a seconda delle posizioni, di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e lesioni personali aggravate. Il ricercatore italiano fu trovato senza vita in Egitto il 3 febbraio del 2016 e per la sua morte sono imputati il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.

Nelle ultime settimane in Egitto dieci persone hanno rotto il muro del silenzio e si sono fatte avanti con gli inquirenti sostenendo di aver notizie, ma solo tre sono risultate attendibili. Il puzzle si sta definendo rapidamente. A dicembre, nell'atto di chiusura delle indagini, era emerso che cinque testimoni avevano già fornito tasselli di «verità» su quanto avvenuto al Cairo. Sarebbe stato Magdi Ibrahim Abdelal Sharif a torturare il ricercatore, insieme ad altri complici a oggi ancora sconosciuti. Le sevizie, messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni, si sarebbero protratte almeno per nove giorni e sarebbero avvenute nella stanza 13 al primo piano di una villetta che era in uso ai servizi segreti nella periferia della capitale egiziana.

I torturati erano «sospettati di avere tramato contro la sicurezza nazionale». «L'ho visto lì dentro con ufficiali e agenti - ha raccontato il testimone -. C'erano catene di ferro con cui legavano le persone, lui era mezzo nudo e aveva sul torace segni di tortura e parlava in italiano. Delirava, era molto magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato». G li agenti del National Security sapevano della morte del friulano, già il giorno prima del ritrovamento «ufficiale» del cadavere e, per deviare l'attenzione dalla loro attività, erano pronti a «inscenare una rapina finita male». Il testimone ha raccontato agli inquirenti di essere diventato amico di Mohammed Abdallah, il capo del sindacato indipendente degli ambulanti del Cairo, l'uomo che, secondo l'accusa, avrebbe «venduto» Regeni ai servizi egiziani. Era con lui la sera del 2 febbraio 2016 e ha fornito una dettagliata versione dei fatti. «Ho notato che Abdallah era palesemente spaventato - ha detto agli investigatori italiani -. Lui mi ha spiegato che Giulio Regeni era morto e che quella mattina era nell'ufficio del commissariato di Dokki in compagnia di un ufficiale di polizia che lui chiamava Uhsam (uno dei quattro 007 imputati, ndr) quando quest'ultimo aveva ricevuto la notizia della morte e che la soluzione per deviare l'attenzione da loro era quella di inscenare una rapina finita male».

«Gli ulteriori elementi probatori acquisiti - dichiara il presidente della Camera, Roberto Fico - infondono fiducia sul fatto che si possa andare fino in fondo permettendo di chiarire non solo la dinamica del sequestro ma anche di individuare le responsabilità dirette o indirette per le torture inflitte a Giulio, per la decisione di ucciderlo e per il trasporto del suo corpo ai bordi

dell'autostrada fra Il Cairo e Alessandria. La morsa dunque si stringe, i depistaggi emergono ogni giorno di più per ciò che sono stati e le bugie dello Stato egiziano suonano sempre più offensive, inaccettabili e imbarazzanti».

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