Reggio Calabria, sfida tra "oriundi"

Il leghista Minicuci e l'outsider Davi protagonisti, male Falcomatà

Reggio Calabria, sfida tra "oriundi"

«Io in periferia ci abito, ad Archi. Se vuoi ti do anche l'indirizzo». Il massmediologo Klaus Davi distribuisce volantini elettorali sul Lungomare di Reggio Calabria, dove è in corsa come candidato sindaco. E potrebbe farcela, se la sua lista arrivasse almeno al 3%. Sono tanti voti, eppure il giornalista anti 'ndrangheta che fa il consigliere comunale anche a San Luca, storico feudo dei boss calabresi, di consensi ne raccoglie eccome. Nella città dello Stretto si vota, e i giochi sembrano già fatti: a meno di clamorosi colpi di scena l'uscente Giuseppe Falcomatà (Pd) e il suo sfidante del centrodestra, il leghista Antonino Minicuci (centrodestra), se la vedranno al ballottaggio. Minicuci, «oriundo» della provincia reggina già ex braccio destro del sindaco di Genova Marco Bucci, è stato scelto da Matteo Salvini per strappare la città all'uscente, figlio d'arte che non è riuscito a raccogliere fino in fondo l'eredità del padre Italo, a cui è intestato il Lungomare. Scaricato da due ex assessori (altri sono indagati), indietro rispetto al rivale, sulla sua amministrazione pesa il fallimento della raccolta della spazzatura, che giace anche per giorni ai lati delle strade, anche in pieno centro. Non il miglior biglietto da visita per una città che, complice il Covid, ha vissuto un'estate povera di eventi ma ricca di turisti. Almeno, questa è stata l'impressione girando per i ristoranti: pieni, quasi tutte le sere, per tutta la stagione. Ma quando si parla di economia, legale o sommersa, bisogna fare i conti con l'ombra della 'ndrangheta, che sullo Stretto fa il bello e il cattivo tempo, tanto da decidere - secondo la Procura reggina - i destini di chiunque si sia candidato negli ultimi 25 anni. I veri sondaggi sono in mano ai boss, e proprio in queste ore che chi pensa di non farcela bussa dalle famiglie di 'ndrangheta in caccia di consensi. Destra o sinistra non importa. Il sospetto che aleggia sulle urne è che alla fine il destino della partita sarà in mano ai soliti «capibastone» che spostano a piacimento migliaia di consensi.

Eppure di mafia si parla pochissimo. Oltre a Davi, che aveva persino invitato Salvini a citofonare a casa dei boss assieme a lui, la lotta all'illegalità è negli slogan delle liste civiche di ispirazione più o meno cattolica, come Patto Civico di Maria Laura Tortorella o la Strada di Saverio Pazzano, lista benedetta da Luigi De Magistris che «ruba» voti a Falcomatà, o come il compagno Pino Siclari del Partito Comunista dei Lavoratori. Consensi che potrebbero non bastare al secondo turno, quando in soccorso del centrodestra dovrebbe arrivare Angela Marcianò, ex renziana oggi a capo di una coalizione di estrema destra.

Una sorta di cavallo di Troia, dicono i malpensanti, che porterà in dote al leghista Minicuci i voti di neofascisti ed estremisti: consensi che in una città «nera» come Reggio è da 50 anni dopo i Moti del Boia chi molla, possono anche arrivare a due cifre. E i grillini? Non pervenuti. Il loro comitato elettorale, in pieno Corso Garibaldi, è rimasto più chiuso che aperto.

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