«Più di 110 operatori ecologici saranno impegnati a fare i presidenti di seggio, gli scrutatori o i rappresentanti di lista. Di conseguenza la raccolta dei rifiuti sarà rallentata nei giorni del voto». Succede a Reggio Calabria, città che questa estate era letteralmente invasa dalla spazzatura. Colpa di una strampalata riforma della raccolta, che ha funzionato bene soltanto i primi mesi. È il congedo elettorale, bellezza, e tu non ci puoi fare niente.
La comunicazione della società romana Avr, finita al centro di un'inchiesta della magistratura per presunte infiltrazioni mafiose che ha travolto alcuni esponenti della maggioranza di centrosinistra, è arrivata ieri sulla scrivania del primo cittadino. Quasi un gesto di sfida, visto che uno dei dipendenti della società si candida apertamente contro Falcomatà, dando manforte a chi vede nei disservizi la manina degli avversari. Il clima elettorale in città è mefitico, non solo per l'aria maleodorante in alcuni punti della città. A contendere il Comune al Pd il centrodestra ha schierato Antonino Minicuci, ex braccio destro del sindaco di Genova Marco Bucci. Il suo profilo soft non ha fatto breccia nell'elettorato, tanto che il ballottaggio con Falcomatà è probabile ma non scontato. L'ago della bilancia sarà Angela Marcianò, renziana ed ex assessore di Falcomatà a capo di una coalizione di estrema destra, condannata in primo grado per abuso d'ufficio per l'assegnazione con affidamento diretto di un immobile di pregio l'ex albergo Miramare che la giunta Pd avrebbe effettuato a un amico personale del sindaco, imputato con il vice e un assessore, nei guai insieme a un capataz dem per le presunte pressioni sulle assunzioni nei confronti proprio di Avr. I cui dipendenti potrebbero presto essere «assorbiti» proprio dal Comune. «Ma chi si è candidato e chi si è messo in permesso elettorale andrebbe escluso dalle assunzioni», tuona un candidato dem a caccia degli ultimi voti, e giù polemica social senza esclusione di colpi con i rivali del Movimento Fiamma Tricolore che sostengono la Marcianò, data in doppia cifra negli ultimi sondaggi.
Intanto i boss di 'ndrangheta, che a Reggio fanno e disfano carriere politiche come sostiene la Procura, si danno un gran da fare. «Un voto può costare anche 100 euro, come ho denunciato in un video e come mi ha riferito un abitante del quartiere Arghillà (nella periferia estrema della città, ndr)», dice il massmediologo Klaus Davi, outsider che alle urne spera di conquistare almeno un seggio, missione difficile ma non impossibile.
Non è escluso, come ammette lo stesso Davi, che qualche politico eccellente, disperato perché in crisi di consensi, si
sia recato a casa dei boss e che l'incontro sia stato registrato o captato con un trojan sul cellulare. Che sia questa la «sorpresa» di cui ha parlato qualche giorno fa il pm antimafia Nicola Gratteri? Chi voterà, vedrà...
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