«Basta, smetto, questa è l'ultima volta». Ma quell'ultima volta non arriva mai davvero nella vita di un dipendente patologico da gioco d'azzardo. Non se non è affiancato da persone che lo aiutano o da strumenti che gli impediscono di cadere in tentazione.
Uno di questi potrebbe essere il Registro unico degli esclusi che in Italia funziona solo per il gioco on line ma che all'estero sta portando a una svolta contro slot e azzardo. Funziona per auto esclusione, cioè deve essere lo stesso giocatore «pentito» a fornire il proprio nome e cognome da inserire nella lista nera delle persone che non possono più accedere a siti mangia soldi.
Gli esperti dell'università di Tor Vergata premono perchè il registro diventi un po' più incisivo. Innanzitutto estendendolo a tutte le forme di dipendenza da gioco oltre a quello on line (dalle sale slot ai bar con le macchinette). E poi chiedendo che il giocatore possa essere iscritto anche da qualche parente o dal medico che lo ha in cura. In questo modo si potrebbe dare una mano agli 1,5 milioni di giocatori problematici, sui 30 milioni occasionali che tentano la fortuna in Italia.
A dimostrare il successo del Registro degli esclusi è uno studio del dipartimento di Scienze cliniche e Medicina Traslazionale. «È necessario implementare un'azione di ricerca proattiva volta a rappresentare al legislatore nuove forme di tutela di giocatori patologici o problematici, al fine di realizzare al meglio un corretto bilanciamento di interessi tra consumatori, Stato e concessionari» commenta Cristiano Iurilli, responsabile dell'area legale «Gruppo ricerche diritti e salute del giocatore-consumatore» dell'Universita di Roma Tor Vergata.
«L'istituzione di un registro nazionale unico di esclusione ed autoesclusione, che riguardi non solo il gioco online ma anche tutto il gioco fisico a partire dalle sale specializzate, è assolutamente necessaria dichiara Emmanuele Cangianelli, Presidente dell'associazione italiana Esercenti Giochi Pubblici Si tratta di una richiesta che a più riprese abbiamo inoltrato a tutti i nostri interlocutori istituzionali e questo studio non fa che confermare quello che abbiamo sempre sostenuto. Per anni chi doveva occuparsi di politiche pubbliche si è concentrato solo su strumenti quali il distanziometro o l'utilizzo della tessera sanitaria sugli apparecchi, ignorando tutti gli studi e le analisi che sostenevano la loro inutilità nel contrasto al gioco patologico, senza esplorare strade battute egregiamente nel resto d'Europa. Ecco perché la sua adozione dovrebbe avere massima priorità ed essere in cima ai temi del riordino del settore: darebbe agli esercenti la possibilità di tutelare al meglio i consumatori più a rischio impedendogli l'ingresso nelle sale specializzate, non incidendo sulla libertà dei giocatori sociali».
Dopo aver studiato i modelli di Belgio, Francia, Gran Bretagna, Spagna,
Germania e Arizona - che presentano differenze tra loro - una strategia efficace dovrebbe basarsi su un sistema che sia per quanto possibile indipendente dalle tipologie di gioco e che sia uniforme in tutto il territorio.
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