È una idea che Matteo Renzi accarezza da tempo. Una di quelle ipotesi di lavoro usate finora per rafforzare dialetticamente la sua avversione verso il reddito di cittadinanza. Questa volta, però, l'ex Rottamatore, nel cuore di una crisi apparentemente senza ritorno, mette i suoi assi in tavola e annuncia di essere pronto a fare sul serio per il referendum sull'abolizione della misura di contrasto alla povertà introdotta dal primo governo Conte nel 2019.
«La cultura grillina, unita a quella della sinistra radicale, ha trasformato la questione del lavoro in assistenzialismo» annuncia Matteo Renzi all'assemblea di Italia viva. «Noi siamo il partito del lavoro: martedì 19, alle 10 saremo in Cassazione per depositare il quesito sul reddito di cittadinanza». Già nel luglio dello scorso anno l'ex presidente del Consiglio aveva promesso che avrebbe depositato il quesito all'indomani dell'elezione del presidente della Repubblica, avvenuta a gennaio 2022. A settembre 2021 il leader di Italia viva aveva presentato in tv il quesito che avrebbe sottoposto per la raccolta delle firme.
La questione era stata poi riaperta all'indomani del mancato raggiungimento del quorum da parte dei referendum sulla giustizia. Alla domanda se un «referendum fallito» non rischiasse di essere un «boomerang», Renzi aveva risposto tenendosi sulle generali: «Abbiamo tempo fino a inizio ottobre, poi dovremo partire con la raccolta. Io sono convinto che il gioco valga la candela, ma lo decideremo tutti insieme». Era stato poi un altro esponente di Italia Viva, Luigi Marattin a confermare, da lì a qualche giorno, che il referendum si sarebbe tenuto.
Il precipitare della situazione politica e l'apertura di una stagione pre-elettorale hanno evidentemente dettato l'accelerazione decisiva convincendo Renzi a mettere nel mirino il provvedimento bandiera dei Cinquestelle, una delle priorità inserite nella famosa lista di richieste in nove punti consegnata da Giuseppe Conte a Mario Draghi.
In ogni caso, anche se la raccolta delle firme dovesse andare a buon fine, i tempi della consultazione potrebbero essere molto lunghi. La normativa prevede, infatti, che non si possano presentare referendum abrogativi «nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime». Un primo colpo alle storture del reddito di cittadinanza era stato assestato pochi giorni fa dal deputato di Forza Italia, Paolo Zangrillo. Un emendamento a sua prima firma approvato nel Dl Aiuti ha stabilito che i datori di lavoro potranno proporre un'offerta diretta ai percettori del beneficio superando l'inefficace sistema dei centri per l'impiego e dei navigator.
«E' una norma molto semplice che risolve due problemi: rispondere all'attuale carenza di forza lavoro e smascherare chi vuole solo un sussidio e non il lavoro», aveva spiegato Zangrillo. «Il dato politico rilevante è che l'inefficienza del reddito di cittadinanza è stata ufficializzata con un voto ampiamente maggioritario del Parlamento».
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