La rottamazione è conclusa. Dal trionfale 40,8% incassato alle elezioni europee del 2014 al cappotto di ieri. Il declino di Matteo Renzi è tanto veloce quanto la sua ascesa al potere. Si consuma in così poco tempo che brucia tutto quello che incontra. Persino il Partito democratico che scivola sotto la soglia psicologica del 20%. In questa caduta c'è dentro di tutto: una puntata al governo senza passare dalle elezioni, un flop devastante al referendum elettorale, una campagna elettorale fallimentare. E così quel sindaco di Firenze, che si riprometteva di rottamare tutta la vecchia classe dirigente comunista, finisce per rottamare se stesso e il partito che si è messo a guidare con un mezzo colpo di mano.
Adesso le dimissioni sono inevitabili. Anche perché gli italiani hanno parlato chiaro. Dalle ultime elezioni il Pd perde oltre tre milioni di voti e scivola nell'insignificanza politica. Nemmeno nelle Regioni rosse è riuscito a sfondare. "È stato un tracollo... una débâcle", si è lasciato sfuggire persino qualche renziano scorrendo i numeri davanti alla tivù. Al Nazareno, questa notte, Renzi è arrivato prima del previsto e si è chiuso nel suo ufficio con un manipolo di big: Maurizio Martina, Matteo Orfini, Francesco Bonifazi, Luca Lotti e Matteo Richetti. Anche con gli "amici" i numeri sono stati davvero difficili da digerire. Perché sono lontanissimi dal 40% delle europee e dal referendum, ma anche dalla "non vittoria" di Pier Luigi Bersani nel 2013. E persino lo "schema" di buttare la croce sugli scissionisti regge solo fino a un certo punto, visti i risultati poco lusinghieri raggiunti dai bersaniani.
"Lo abbiamo biodegradato", ha scherzato oggi Beppe Grillo. La delusione, tra i dem, è evidente. Così come la tensione. Nessun dirigente si è fatto vivo in sala stampa, disertata nonostante il numero record (300) di accreditati. La minoranza interna, anche fisicamente, ha subito preso le distanze da Renzi. Ieri sera Andrea Orlando ha disertato il Nazareno per seguire lo spoglio a La Spezia, nel suo collegio. E anche il premier Paolo Gentiloni ha scelto il suo ufficio a Palazzo Chigi per seguire lo spoglio. Il loro obiettivo era mettere mano alla composizione della delegazione da inviare al Quirinale per le consultazioni. "Dovrà essere meno renzizzata", è stata la richiesta avanzata dalla minoranza.
Ma il segretario potrebbe prenderli in contropiede. Al Nazareno si parla di dimissioni imminenti. Voce che il portavoce Marco Agnoletti si affretta a smentire. Almeno fino alle 17, quando Renzi parlerà in conferenza stampa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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